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5 giugno 1975, quando in Gran Bretagna Remain schiantò Brexit

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5 giugno 1975, quando in Gran Bretagna Remain schiantò Brexit

«Crede che il Regno Unito debba restare nella Comunità europea?». Il quesito suona familiare. È molto simile a quello sottoposto ieri a 46 milioni di elettori britannici.

Questa volta però siamo nel cuore degli anni 70: è il 5 giugno 1975. Pochi giorni prima una eccezionale nevicata ha imbiancato Londra, poi la temperatura è risalita rapidamente e già si respira aria di estate. Il Regno Unito è appena entrato a far parte della Cee - il 1° gennaio 1973 - dopo un ritardo quasi ventennale rispetto ai sei Paesi fondatori. Un’adesione sofferta, che ha spaccato partiti e opinione pubblica. Tanto sofferta che appena due anni dopo i cittadini sono già chiamati alle urne. È il primo referendum su scala nazionale mai indetto in Gran Bretagna e la posta in gioco è davvero alta.

Ironia della storia, gli schieramenti sono praticamente opposti rispetto a quelli di oggi. Il partito laburista, guidato da Harold Wilson, vive un drammatico scontro interno: il primo ministro si schiera a favore del «sì» ma ben sette ministri si ribellano e dichiarano il loro voto per il «no». Temono aumenti dei prezzi agricoli e la perdita di sovranità. I sindacati stanno dalla loro parte, non vogliono aderire a un’Europa fondata sul libero mercato e ostile ai principi del socialismo.

Il partito conservatore viceversa si schiera quasi compatto per il «sì», trainato da una Margaret Thatcher decisamente europeista in quella fase storica. Con il tempo la «lady di ferro» diventerà però più tiepida verso la Cee fino ad apostrofare i leader europei durante il braccio di ferro sui contributi al budget comunitario con una frase passata alla storia: «I want my money back» (rivoglio i miei soldi).

Wilson, come oggi Cameron, gioca la carta della rinegoziazione dell’accordo con la Cee e sigla un’intesa a Dublino in marzo. Non ottiene molto ma tanto basta perché possa presentarsi più forte davanti agli elettori.

Il risultato è una valanga di sì: sono oltre 17 milioni (67,2%) contro 8,5 milioni di no (32,8%). Londra resta in Europa, ma sarà una convivenza burrascosa.

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