Mondo

Venezuela, più vicino il referendum revocatorio

  • Abbonati
  • Accedi
america latina

Venezuela, più vicino il referendum revocatorio

E' più cupo il cielo sopra Caracas. Almeno per il presidente del Venezuela, Nicolas Maduro.
Il Cne (Comitato nazionale elettorale) ha riconosciuto la validità di 409mila firme, raccolte dall'opposizione per indire un referendum revocatorio, il doppio della soglia minima.
«Il numero di firme ha chiaramente superato il minimo necessario», ha dichiarato Vicente Bello, coordinatore del Cne per le iniziative referendarie.
La raccolta delle firme è stata complessa, così come la verifica e l'approvazione. Inizialmente pareva che l'opposizione di Henrique Capriles ne avesse raccolte più di un milione ma il riscontro e la verifica hanno mostrato delle irregolarità.
Ora il problema è superato, il Cne ha sancito che la soglia minima è stata superata; e il Venezuela anti-Maduro farà di tutto per ottenere un referendum entro la fine del 2016.
Le prossime tappe sono queste: 4milioni di firme (il 20% delle liste elettorali) da raccogliere entro breve per la convocazione del voto. E infine 7,5 milioni di voti da ottenere per destituire Maduro. Ovvero, la metà più uno dei voti raccolti dal presidente nell'ultima elezione presidenziale del 2013, da lui vinta.
La situazione economica del Venezuela è davvero critica: si sovrappongono e si intrecciano quattro crisi. Una istituzionale, una economica, una politica e una sociale.
L'assoluta mancanza di dialogo tra governo e opposizione ha acuito la tensione anche se nelle ultime settimane le pressioni internazionali sono state più forti.
L'Osa (Organizzazione degli stati americani) non ha ancora preso una posizione, si è limitata ad affrontare il “capitolo Venezuela”. Dovrà decidere se attivare o meno l'applicazione “Carta democratica”. Ovvero il procedimento mirato ai Paesi in cui l'ordine democratico viene minacciato.
La realizzazione del referendum è comunque complessa e per l'opposizione di Capriles sarà una lotta contro il tempo: se non si realizzasse entro il dicembre 2016, l'incarico di presidente potrebbe essere assunto da Aristobulo Isturiz, attuale vicepresidente del Paese, delfino di Maduro. A Isturiz spetterebbe il diritto di restare in carica fino al 2019.
L'economia del Paese è al collasso. Anche se i timori che il Venezuela sprofondasse in un default già nel 2015 si sono dimostrati infondati. Il Paese rimane comunque esposto per 62 miliardi di dollari. E' questo il debito sovrano sommato a quello di Pdvsa, il colosso petrolifero nazionale.
Eppure il Paese continua a pagare gli interessi sul debito, puntualmente; lo ha fatto in maggio e in giugno. A dispetto dell'erosione delle riserve della Banca centrale di Caracas, ormai inferiori ai 12miliardi di dollari.
Ciò nonostante, secondo un sondaggio tra analisti americani e inglesi, effettuato da Reuters, il Venezuela torna a essere appetibile per gli investitori: il prezzo dei bond venezuelani è in lieve recupero. Anche in conseguenza dell'aumento del prezzo del petrolio e soprattutto delle previsioni future. Il Venezuela, va ricordato è un grande produttore oltre che detentore delle maggiori riserve al mondo.

© Riproduzione riservata