7/10 Conti pubblici / Rispetto delle regole ma più flessibilità
Sul fronte delle politiche di bilancio, e dunque su quello della flessibilità delle regole europee, l’impatto della Brexit si misurerà nei prossimi mesi prima di tutto sul terreno prettamente politico.
Non pare in discussione l’impianto su cui poggia l’approccio (più politico appunto) della Commissione europea, relativamente all’applicazione dell’attuale disciplina di bilancio. In poche parole, non pare minacciato il dispositivo contenuto nella «Comunicazione sulla flessibilità», adottata dall’esecutivo comunitario nel gennaio dello scorso anno: spazi di manovra a quei Paesi collocati al di fuori della procedura per disavanzo eccessivo, a fronte di riforme strutturali effettivamente realizzate (con impatto sul potenziale di crescita dell’economia), e di investimenti messi in campo attraverso il meccanismo del cofinanziamento.
Da questo punto di vista, dopo aver ottenuto lo scorso 18 maggio flessibilità pari a 14 miliardi (lo 0,85% del Pil) a beneficio dei conti 2016, non dovrebbe arrestarsi per quel che ci riguarda il percorso che da qui al prossimo autunno dovrebbe portare alla predisposizione di una manovra di bilancio, basata su una previsione di deficit all’1,8 per cento. Si punta in sostanza su un’ulteriore flessibilità.
Il vero problema è politico, perché il nuovo approccio della Commissione si fonda sul sostanziale placet dei governi che contano in Europa, in primis Berlino. La confusa e inedita fase che si è appena aperta, in seguito all’esito del referendum inglese, condurrà a un irrigidimento ulteriore della posizione tedesca (in presenza di persistenti fibrillazioni dei mercati finanziari), oppure si andrà quanto meno verso una sostanziale conferma dell’attuale linea della Commissione? L’Italia e la Francia possono da questo punto di vista giocare un ruolo tutt’altro che secondario. Le regole vanno rispettate, ma con intelligenza e, appunto, con flessibilità.
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