Mondo

Economia e guerra in Siria, cosa cambia dopo il disgelo Israele-Turchia

  • Abbonati
  • Accedi
medio oriente

Economia e guerra in Siria, cosa cambia dopo il disgelo Israele-Turchia

(Afp)
(Afp)

L'accordo tra Turchia e Israele cambierà di nuovo la mappa delle alleanze in Medio Oriente e come influirà sulla guerra in Siria? È questa una delle domande chiave dopo l’intesa raggiunta a Roma tra Ankara e Tel Aviv. «Credo che sia un passo importante per normalizzare le nostre relazioni», ha commentato il premier israeliano Benjamin Netanyahu, dopo aver incontrato il segretario di Stato americano John Kerry e poi il premier Matto Renzi, a proposito dell’accordo raggiunto con la Turchia per la normalizzazione dei rapporti diplomatici, interrotti sei anni fa.

L’intesa secondo Netanyahu «avrà enormi conseguenze per l’economia israeliana», e anche nei rapporti strategici tra due Stati che prima della rottura avevano un’intensa collaborazione militare e di intelligence.

Le relazioni si erano fortemente deteriorate nel 2010 dopo l’incursione dei commando israeliani sulla nave turca Mavi Marmara - parte di una flottiglia umanitaria diretta a Gaza - costata la vita a dieci cittadini turchi. Dopo aver raggiunto un accordo sulle prime due condizioni poste dalla Turchia - scuse e risarcimento per le famiglie delle vittime - Ankara e Tel Aviv hanno avuto bisogno di tempo per avvicinare le rispettive posizioni sulla terza richiesta, la fine del blocco alla Striscia di Gaza. Secondo indiscrezioni, l’intesa prevede che Israele permetta il completamento di un ospedale nella Striscia, oltre alla costruzione di una centrale elettrica e di un impianto di desalinizzazione. Gli aiuti turchi passeranno per il porto israeliano di Ashdod e non saranno più inviati direttamente nell'enclave palestinese.

La Turchia, dopo un incontro tra Erdogan con il leader di Hamas Khaled Meshal, si è impegnata a impedire che Hamas possa svolgere attività contro Israele partendo dal suo territorio. Ankara ha garantito che ad Hamas non sarà consentito organizzare, pianificare o dirigere attività militari contro Israele, anche se potrà continuare a operare in Turchia dal punto di vista politico e diplomatico. Il ridimensionamento della cellula di Istanbul era la maggiore richiesta degli israeliani.

A questo punto Turchia e Israele possono tornare a collaborare. Il punto chiave è la Siria. Israele occupa dal 1967 le alture siriane del Golan e la disgregazione del Paese è vista come un pericolo ma anche come un’opportunità per estendere l'influenza israeliana su un confine chiave e mettere ulteriormente sotto pressione gli Hezbollah sciiti libanesi.

Il regime di Assad e gli Hezbollah, appoggiati dall'Iran, sono nemici comuni sia per Israele che per la Turchia. Il presidente Erdogan ha dovuto ridimensionare i suoi piani espansionistici, già intaccati in Egitto dopo la caduta dei Fratelli Musulmani, e ora anche in Siria è sotto scacco dopo l’intervento russo e l'arretramento delle milizie jihadiste, una debàcle amplificata dalla possibilità che l'Isis potrebbe essere cacciato sia dalla Siria che dall’Iraq.

Erdogan, spalleggiato dall'Arabia Saudita, si sta giocando il tutto per tutto nella battaglia di Aleppo: per questo, come rilevano gran parte delle fonti occidentali e della regione, ha spostato intorno alla città 6mila jihadisti per lo scontro finale contro Assad, le milizie iraniane e quelle Hezbollah appoggiate dai russi. Israele può aiutarlo tenendo sotto pressione gli Hezbollah ma anche negoziando con Putin con il quale Netanyahu si è incontrato in un vertice il 7 giugno scorso. Non può quindi sfuggire che l’accordo tra Ankara e Tel Aviv influenzerà anche la battaglia siriana e la futura spartizione per le zone di influenza del Medio Oriente.

© Riproduzione riservata