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Unione bancaria, pressing italiano

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Europa

Unione bancaria, pressing italiano

  • –Gerardo Pelosi

berlino

“Kairos”. In greco significa «tempo opportuno, propizio». Per Matteo Renzi è quello che stiamo vivendo ora nell’Unione europea, dopo la Brexit. Perché «se da un lato siamo tristi per il voto inglese – spiega il presidente del Consiglio prima di partecipare, ieri sera a Berlino con Angela Merkel e Francois Hollande, a un prevertice europeo a tre nella cancelleria tedesca- dall’altro è vero che questo è un tempo propizio per inaugurare una nuova pagina».

E infatti, «in una prospettiva di medio periodo», la Brexit può essere «un’occasione positiva per la nostra economia» ma solo se l’Europa saprà «cogliere l’occasione per investire». Renzi glissa, però, sull’ipotesi di un intervento statale sulle banche italiane dopo le forti turbolenze degli ultimi giorni. Ne aveva parlato qualche ora prima a Roma, in una colazione al Quirinale con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ma solo per annunciare che al Consiglio europeo di oggi e domani chiederà l’accelerazione dell’unione bancaria, non certo deroghe al “bail-in”.

«È bene chiarire – osserva il premier – che esistono regole europee sulle banche e Paesi come la Germania hanno già fatto prima gli interventi necessari. Purtroppo i governi che mi hanno preceduto in Italia non hanno fatto operazioni sul credito ma oggi il quadro normativo è molto difficile da maneggiare». Le dinamiche dei mercati «scontano preoccupazione, incertezza e occorre prudenza, buon senso ed equilibro» .Tuttavia «siamo nelle condizioni di affrontare e sistemare i problemi che si verificassero, nel mondo del credito e non solo. Tutto ciò che servirà per dare tranquillità e fiducia ai risparmiatori sarà oggetto di attenzione del Governo in collaborazione con le istituzioni europee, nel rispetto trasparente delle regole».

Renzi entra nel “direttorio” franco-tedesco (termine che alla Merkel non piace affatto) consapevole di rappresentare un Paese che sta facendo riforme attese da oltre 30 anni nel nostro Paese e riconquistando parte della credibilità perduta. Uno dei tre Paesi «più popolosi» di Europa, come rileva Francois Hollande che non può essere più escluso dal formato ristretto dei prevertici europei. Del resto, sottolinea Renzi, «Siamo qui per dare una mano, non per creare direttori».

Già in mattinata, riferendo in Parlamento, Renzi si era soffermato sul referendum inglese. Nelle comunicazioni alla Camera e al Senato che precedono il Consiglio europeo il premier ha ammesso che «non si può far finta di niente» e che bisogna rispettare la volontà del popolo inglese, dando concretezza all’uscita dall’Ue della Gran Bretagna. Purché - ha aggiunto - non si stia «un anno a parlare di procedure» perché l’obiettivo da seguire è quello di «voltare pagina» nell’impostazione dell’Ue. Concetti ribaditi nella risoluzione di maggioranza (firmatari Rosato, Lupi e altri) che è stata votata per parti separate, ottenendo così l’ok di forzisti e verdiniani. Il dispositivo è passato con 289 sì e 110 no, mentre la premessa ha incassato 268 voti favorevoli e 129 contrari. Approvati anche i dispositivi, riformulati su richiesta del governo, delle risoluzioni di Forza Italia e di Ala. Respinte invece tutte le altre risoluzioni di opposizione. Tra le proteste dei 5 Stelle. Con Alessandro Di Battista che ha definito Renzi «rottamatore del senso del pudore e della vergogna».

Sugli stessi temi il premier è tornato nel pomeriggio per chiedere che si decida in fretta ad attivare l’articolo 50 del Trattato di Lisbona. Se si vuole realizzare una vera svolta con un’Europa «più solidale e più sociale e meno bancaria», «non abbiamo più tempo da perdere» insiste Renzi, parafrasando uno dei punti della dichiarazione finale congiunta del vertice di Berlino. Ma è importante, aggiunge «che l’opinione pubblica sappia che non si può scherzare con la democrazia: una volta che il popolo inglese si è espresso con un referendum, si condivida o meno quello strumento, dobbiamo anche rispettare l'esito di quel voto ed evitare di dare la sensazione che quel risultato non conta nulla».

La partita più complicata si aprirà da qui a settembre, quando si dovrà dettagliare la risposta dell’Ue alla Brexit sui diversi dossier: immigrazione, tutela dei confini, sicurezza e crescita. L’Italia ha già messo nero su bianco nei mesi scorsi le proposte su economia e migranti. Ma ora proverà ad agire in concreto per ottenere quei margini di flessibilità sugli investimenti e sul taglio dell’Irpef. Il premier italiano si nostra determinato nella battaglia per la crescita quando avverte che bisogna considerare «un problema il deficit ma anche il surplus di alcuni Paesi».

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