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Il gelo dei partner verso Cameron

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Europa

Il gelo dei partner verso Cameron

  • –Beda Romano

BRUXELLES

A cinque giorni da un clamoroso referendum che ha rivelato il desiderio della Gran Bretagna di lasciare l’Unione dopo 43 anni di partecipazione al progetto europeo, il premier dimissionario inglese David Cameron è stato chiamato ieri a spiegare le intenzioni del suo Paese. I partner non vogliono concedere al Regno Unito una Europa “à la carte”, ma l’atteso negoziato sulla futura relazione tra Londra e Bruxelles sarà con ogni probabilità fonte di tensioni tra i Ventotto.

«Ho spiegato (agli altri capi di Stato e di governo dell’Unione, ndr) che la Gran Bretagna lascerà l’Unione, ma voglio che questa procedura sia la più costruttiva possibile», ha spiegato Cameron durante una conferenza stampa qui a Bruxelles durante un vertice di due giorni, ieri e oggi, dedicato in gran parte alla crisi provocata dalla decisione britannica di optare per il Brexit. «Anche se stiamo lasciando l’Unione – ha aggiunto il primo ministro – non vogliamo girare la schiena all’Europa».

Cameron ha definito gli altri 27 Paesi membri dell’Unione «dei vicini, degli amici, degli alleati, dei partner».

Il premier conservatore - che venerdì all’annuncio dei risultati del referendum ha deciso di dimettersi dopo aver fatto campagna per il Remain - ha spiegato che l’obiettivo del suo Paese dovrebbe essere di creare con i Paesi dell’Unione «la relazione la più stretta possibile nel campo del commercio, della cooperazione e della sicurezza (…) perché abbiamo molti valori in comune».

Prima della riunione, il premier olandese Mark Rutte, un tradizionale alleato di Londra, ha chiesto che a Londra sia dato «margine di manovra» nell’annunciare l'apertura dei negoziati di divorzio, tenuto conto della crisi in cui versa il Regno Unito, ma ha poi aggiunto: «La Gran Bretagna è distrutta da un punto di vista politico, monetario, costituzionale ed economico». La cancelliera tedesca Angela Merkel, anch’essa spesso comprensiva con Londra, ha escluso qualsiasi accordo “à la carte”.

Il timore di molti è di diventare ostaggi del Regno Unito. Consapevole di come i Ventisette temano un Brexit, Londra potrebbe tentare di ricattare i partner, allungando i tempi della notifica che fa scattare i negoziati, pur di ottenere trattamenti di favore. La risoluzione parlamentare approvata ieri serve a tenere sotto pressione la Gran Bretagna in un difficile esercizio di equilibrismo tra la consapevolezza di dover dare tempo ai dirigenti inglesi e l’urgenza di garantire certezze all’Unione (si veda l’articolo nella pagina a fianco).

In una conferenza stampa ieri sera, il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk ha detto che tutti i leader sono consapevoli della necessità di garantire «una uscita ordinata» del Regno Unito dall’Unione. Cameron dovrebbe lasciare la guida del governo tra settembre e ottobre dopo che il partito conservatore avrà tenuto un congresso e scelto il suo successore. Ieri sera il premier dimissionario ha ammesso che il vertice di questa settimana è il suo ultimo consiglio europeo.

Sono almeno cinque i modelli di relazione che Londra potrebbe avere con Bruxelles, alla prova di un difficile negoziato diplomatico. Il Regno Unito potrebbe far parte dello Spazio economico europeo alla stregua della Norvegia. Potrebbe firmare accordi bilaterali con l’Unione, come la Svizzera. Potrebbe negoziare un accordo di libero scambio o una partecipazione parziale al mercato unico, o decidere di sottostare alle norme generali dell’Organizzazione mondiale per il Commercio.

Il clima tra i Ventotto è difficile, forse non dissimile da quello che ha segnato negli anni scorsi la crisi debitoria greca. L’unica differenza è che la Gran Bretagna non appartiene alla zona euro. Alcuni governi sono più pronti di altri ad offrire al Regno Unito concessioni generosi e accordi privilegiati; e il rischio è di assistere a una pericolosa divisione tra i Ventisette.

«Non siamo su Facebook – ha commentato il premier lussemburghese Xavier Bettel –. Non è un piede dentro, un piede fuori».

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