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Tra paletti e aperture, la trattativa continua

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Tra paletti e aperture, la trattativa continua

L’esito del voto britannico, che ha rivelato la volontà del paese di uscire dall’Unione, sta mettendo a dura prova la serenità dei mercati, e in particolare delle banche italiane, oberate da sofferenze creditizie. L’ipotesi di sostenere il settore creditizio è ormai oggetto di discussione tra Roma e Bruxelles. La panoplia delle regole comunitarie è un delicato equilibrio tra le norme sugli aiuti di Stato e le regole sulla condivisione dei costi da parte degli investitori privati.

La legislazione europea ha saldi principi. Vieta gli aiuti pubblici per garantire equa concorrenza sul mercato; e prevede l’impegno di azionisti e obbligazionisti nel salvataggio di una banca per evitare di oberare i contribuenti e pesare sui debiti pubblici. Nel contempo, tuttavia, le stesse regole prevedono flessibilità, e permettono ricapitalizzazioni precauzionali in casi specifici. Applicabili nel caso italiano? È quanto dovrà decidere il (difficile) negoziato in corso (si veda Il Sole 24 Ore di ieri).

Tre sono i testi comunitari ad essere la bussola di Roma e Bruxelles in queste circostanze: la nuova direttiva sui requisiti patrimoniali (nota con l’acronimo BRRD); la comunicazione bancaria che risale al 2013; le regole sugli aiuti di Stato del 2008-2013. In generale, l’obiettivo delle norme, così come sono state riviste negli ultimi anni, è di ridurre per quanto possibile l’uso del denaro pubblico. In circostanze normali, il suo uso è autorizzato, purché i fondi siano utilizzati secondo le regole del mercato.

Un eventuale aiuto statale a una banca fuori da queste regole e non oggetto di risoluzione può scattare solo alla luce di uno stress-test, deciso a livello europeo o nazionale, che riveli necessità patrimoniali. In questo caso lo Stato può iniettare denaro non da investitore, ma da salvatore di ultima istanza. La comunicazione bancaria del 2013 precisa le condizioni. Prima di tutto viene fatta una analisi banca per banca. L’obiettivo della Commissione europea sarà di verificare che l’istituto di credito possa avere un futuro.

In buona sostanza, l’esecutivo comunitario deve approvare il nuovo piano economico della banca in questione. La seconda condizione è che l’iniezione di denaro pubblico sia minima. Per assicurare un impegno pubblico limitato, le regole europee prevedono il cosiddetto burden-sharing, la condivisione dei costi da parte degli investitori privati. A essere chiamati a partecipare alla ricapitalizzazione sono quindi gli azionisti e i creditori non privilegiati (junior creditors, in inglese).

I primi assistono a una diluizione del loro capitale, mentre ai secondi viene imposto uno scambio obbligazione contro azione (debt-to-equity swap, in inglese). Ciò avvenne recentemente in Grecia al momento del salvataggio di quattro banche, tra cui la National Bank of Greece e la Piraeus Bank. In quella occasione, il contributo privato alla ricapitalizzazione ammontò a 8,6 miliardi di euro, che permise di ridurre l'iniezione di denaro pubblico a 5,4 miliardi di euro.

Il principio della condivisione dei costi può essere allentato alla luce di due condizioni: nel caso di impatto sproporzionato o di rischi finanziari. La prima condizione è già stata applicata in passato, a differenza della seconda. Qui a Bruxelles si fa notare che in Spagna neppure i 14 miliardi di euro di condivisione dei costi da parte di obbligazionisti e azionisti al momento della massiccia ricapitalizzazione che ha avuto luogo negli anni scorsi ha messo in pericolo la stabilità finanziaria del paese.

L’obiettivo di queste regole è trovare un equilibrio tra l’importanza di rispettare la libera concorrenza sul mercato, la necessità di limitare i rischi di stabilità finanziaria, e il desiderio di ridurre l’uso del denaro pubblico. Il vice presidente della Commissione Valdis Dombrovskis ha spiegato martedì che Bruxelles sta monitorando la situazione da vicino. Il metro per giudicare i rischi relativi a una banca non è solo l’andamento del titolo in Borsa, ma sono anche i diversi indicatori sulla solvibilità dell’istituto.

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