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al via la nuova presidenza di turno ue

Slovacchia all’attacco sui migranti: no alla riforma del Principio di Dublino

BRATISLAVA – È un governo slovacco preoccupantemente combattivo quello che assumerà oggi la presidenza di turno dell’Unione: critico delle riunioni informali dei Paesi fondatori, critico della politica migratoria decisa a Bruxelles, critico della Commissione europea. Pur assicurando di volere essere «un onesto mediatore», il premier Robert Fico ha fatto capire che il suo Paese cavalcherà il metodo intergovernativo, in una prima conseguenza della scelta inglese di lasciare l’Unione.

«I membri fondatori non possono decidere le sorti dell’Europa, deve esserci il coinvolgimento di tutti i Paesi e in particolare di quelli che sono diventati membri dopo la caduta del Muro di Berlino», ha detto Fico in una conferenza stampa qui a Bratislava alla vigilia della presidenza slovacca dell’Unione, la prima da quando ha aderito alla Ue. Ha aggiunto successivamente il suo ministro degli Esteri Miroslav Lajcak: «L’Europa non può essere gestita a colpi di decisioni amministrative».

La doppia presa di posizione giunge dopo che vi sono state a Berlino riunioni informali in gruppi ristretti. Sabato si sono visti i ministri degli Esteri di Germania, Francia, Italia, Olanda, Belgio, Lussemburgo. Successivamente, sempre nella capitale tedesca ma lunedì, si sono incontrati la cancelliera Angela Merkel, il presidente François Hollande e il presidente del Consiglio Matteo Renzi, alla vigilia di un consiglio europeo a Bruxelles prima a 28, e dopo a 27.
A proposito dell’emergenza rifugiati, il ministro degli Esteri ha spiegato che «il dossier non consente una strategia di one size fits all, una scelta uguale per tutti», perché «siamo uniti nella diversità». La Slovacchia è stata il Paese più critico di due recenti scelte europee: l’introduzione di quote di rifugiati arrivati in Italia e in Grecia e da ricollocare in tutta Europa; e la proposta di riformare il Principio di Dublino, vale a dire la norma che dà al Paese di primo sbarco la responsabilità di garantire l’asilo.

«Vi sono politiche fallite in Europa. Molte misure proposte in campo migratorio sono positive, accettabili e hanno l’appoggio di una maggioranza di Paesi, come per esempio quella che ha portato alla nascita di un corpo europeo di guardie di frontiera – ha detto Fico, che pur parlando inglese ha voluto parlare slovacco, e rivendicare la sua decisione -. Per altre, come quella che propone una riforma di Dublino, sarebbe squallido, fuorviante sostenere che godono del sostegno di una maggioranza di Paesi».

Il Governo slovacco ha lanciato l’idea di un vertice informale a 27, che il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk ha fatto propria. Si terrà a Bratislava in settembre e sarà tutto dedicato a una riflessione sul futuro dell’Unione dopo la scelta britannica. Il premier ha sottolineato che la formula diventerà «un metodo di lavoro standard», criticando i vertici bruxellesi. «Le decisioni europee devono essere prese in comune», ha aggiunto, ricordando con fastidio gli incontri in formato ridotto.

Dal canto suo, il ministro Lajcak ha criticato indirettamente la Commissione europea. Al di là della battuta sugli ordini amministrativi provenienti da Bruxelles, ha sottolineato che «le politiche devono essere guidate dai Paesi membri», anche per contrastare la crescita dell’euroscetticismo. La presa di posizione fa pensare che almeno qui a Bratislava, ma probabilmente anche altrove in Europa, c’è la certezza che politiche troppo comunitarie rafforzino i partiti radicali e nazionalisti.

Il premier Fico è stato nominato a capo del governo slovacco in marzo per un terzo mandato. L’uomo è al potere dal 2006, salvo una breve parentesi tra il 2010 e il 2011. L’esecutivo poggia su una grande coalizione che riunisce centro-destra e centro-sinistra, così come il movimento nazionalista ed euroscettico SNS (il Partito nazionale slovacco). Insieme a Repubblica Ceca, Polonia e Ungheria, la Slovacchia appartiene al Gruppo di Visegrad, che in questi anni ha criticato non poco le scelte comunitarie.

Dietro ai rimproveri di oggi, si nasconde crescente fastidio per l’operato del presidente della Commissione Jean-Claude Juncker, non sufficientemente intergovernativo agli occhi di molti Paesi. C’è chi vorrebbe usare la sconfitta del campo del Remain per esautorarlo. Per ora sembra difficile. In una conferenza stampa martedì, Tusk ha affermato: «La sconfitta del Remain è una nostra responsabilità comune (…) L’ultima persona che potrebbe essere accusata di questo evento è proprio Jean-Claude Juncker».

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