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La lunga scia di sangue che lega Europa, Asia e Medio Oriente

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L'Analisi|Europa

La lunga scia di sangue che lega Europa, Asia e Medio Oriente

La gravità di un problema dipende sempre dalla prospettiva dalla quale lo si guarda. Perfino Brexit ora appare meno esistenziale, se lo osserviamo attraverso le drammatiche immagini dell’attentato a Istanbul e di quelle a Dacca. Le divisioni europee danno un segnale d’irresolutezza quando alle nostre frontiere c'è un conflitto reale: «Mentre Roma discute, Sagunto viene espugnata», avrebbe osservato di nuovo Tito Livio se in questi giorni fosse passato dalle parti di Londra e Bruxelles.

Come i giornali di tutto il mondo hanno sottolineato, l'uscita della Gran Bretagna è un evento storico per il continente. Cambia prospettive e dinamiche economiche, finanziarie e geopolitiche. Brexit ha a che vedere con la nostra libertà di movimento e i nostri risparmi, il risorgere dei populismi e il senso profondo delle nostre democrazie. Eppure, a ben guardare, i calcoli gravemente sbagliati e la presunzione di David Cameron, le bugie raccontate agli elettori da Farage, lo scontro generazionale e culturale fra i londinesi e il resto degli inglesi, hanno forzatamente modificato le priorità dell’Europa.

Non era previsto che in questi giorni leader e parlamento europeo dovessero parlare di tempi d’uscita della Gran Bretagna, un vertice dopo l’altro, una dichiarazione seguita da un’altra dichiarazione. Si dovevano incontrare per discutere di collaborazione fra servizi di sicurezza e di Migration compact: cioè lo strumento di difesa più immediato e l'investimento economico di più ampio respiro per rispondere alle minacce ai nostri confini. Minacce che, ricordando gli attentati di Parigi e Bruxelles, sono già al di qua dei nostri confini.

In realtà non hanno confini: Istanbul è geograficamente alle frontiere d’Europa, è parte dello stesso conflitto mediorientale nel quale l'Europa è coinvolta. Ma Dacca è oltre la piana gangetica e Calcutta, vicino alla Birmania. Eppure imprenditori e turisti italiani possono essere uccisi per le stesse motivazioni anche a 8mila chilometri da casa.

I due attentati dell’Isis in tre giorni trasformano le urgenze di Bruxelles in uno scontro sbagliato nel momento sbagliato. L’assenza di una politica condivisa sul fenomeno migratorio sta facendo diventare la questione dei migranti un’arma potente e strategica nelle mani dell’Isis: fa crescere paure e populismi europei che, paese dopo paese, destabilizzano i nostri sistemi politici e la coesione continentale. Non c’è attentato per quanto brutale possa essere, che riesca a unirci: al contrario, ogni bagno di sangue ci divide ancora di più. Anche ieri, mentre cercavamo di capire quanti morti avevamo avuto, Matteo Salvini non ha saputo resistere dal mettere insieme la strage di Dacca, la questione dei migranti e l'inutilità dell’Europa.

La presidenza di turno a un paese come la Slovacchia, che dopo avere avuto tutto dalla Ue ora non intende dare nulla, farà crescere ancora di più polemiche e divisioni sui migranti. Ma un’Unione europea stabile e in totale armonia non è una condizione indispensabile per la sua coesione e la sua crescita. Duemila anni fa l’espansionismo romano, la prima coerente unificazione nella storia del continente e del Mediterraneo, avvenne in una condizione semi-permanente di caos politico interno: appena conquistate la Gallia, Cesare dovette attraversare il Rubicone e tornare a Roma per affrontare una guerra civile con Pompeo.

A XXI secolo già incominciato, certamente Roma non può rappresentare un modello, anche se qualche insegnamento ce lo può dare. Dopo le guerre sociali e le lotte sanguinose tra riformatori e conservatori, la qualifica di cittadino romano fu progressivamente attribuita a tutti coloro che erano stati assoggettati. E col tempo più di un “immigrato” riuscì a diventare imperatore senza essere nato a Roma né avere origini italiche. Lo storico David Abulafia ricorda che mai come nei primi due secoli dell'impero il Mediterraneo fu un mare di commerci, di globalizzazione e di grande tolleranza religiosa.

Oggi invece piangiamo i nostri morti italiani a Dacca come tre giorni fa i turchi avevano fatto per i loro connazionali a Istanbul, i belgi e prima ancora i parigini con i loro. Ogni attentato ci atterrisce, accresce il nostro senso d'insicurezza, e per ognuno di questi tragici eventi esprimiamo la nostra autentica solidarietà: un po’ più distrattamente quando le vittime del terrorismo islamista sono i siriani, i libanesi o gli iracheni. Ma - siamo onesti - ogni volta che l’Isis colpisce, tiriamo un sospiro di sollievo se fra le vittime non ci sono i nostri.

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