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I tempi lenti dell’Ue e le risposte immediate chieste dai mercati

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L'Analisi|l’analisi

I tempi lenti dell’Ue e le risposte immediate chieste dai mercati

I tempi della politica, della burocrazia, della trattativa, della supervisione europea e i tempi del mercato non coincidono mai. I mercati anticipano, corrono avanti. Mentre invece il passo europeo è rallentato, avanza a zig-zag, a volte torna indietro prima di avanzare. Questo vale soprattutto per le banche: i ripetuti crolli da inizio anno delle azioni bancarie, in Italia e un po’ in tutta Europa, fanno capire che i mercati premono per soluzioni forti e immediate dove scorgono focolai di crisi mentre l’Unione bancaria resta sorretta da un pilastro e mezzo sui tre prospettati. Il Fondo unico di risoluzione, per esempio, è previsto che venga costituito in un periodo di transizione di otto anni, a partire da quest’anno, con l’obiettivo di raggiungere una dimensione pari ad almeno l’1% dei depositi coperti per il 2024.

Il meccanismo dei contributi è complesso: una componente nazionale (quella prevista dalla direttiva BRRD sulla risoluzione) e una componente dell’area dell’euro (quella del meccanismo di risoluzione unico), in percentuale rispettivamente al 60% e al 40% e questo vale solo per il 2016.

“I mercati, al di là dei tecnicismi, cercano sicurezze non soltanto normative ma anche procedurali”

 

I mercati, al di là dei tecnicismi, cercano sicurezze non soltanto normative ma anche procedurali: non sanno, per esempio, con assoluta certezza cosa accade nell’Eurozona nel caso di un’emergenza, quali sono gli strumenti che possono prevenire il rischio sistemico, come si spegne un focolaio prima che l’incendio divampi. In Italia, il fatto che obbligazioni bancarie senior e subordinate siano detenute dagli investitori privati per qualcosa come 200 miliardi di euro rende il meccanismo automatico del bail-in più che altro destabilizzante e i mercati non si daranno pace fino a quando non avranno individuato gli estintori, pronti all’uso anche se questo dovesse far scattare il famigerato aiuto di Stato. Il nervosismo dei mercati, esasperato da Brexit, monta ora perchè questo luglio è il mese dello stress test bancario, addirittura in un format tutto nuovo.

«Questo stress test non applicherà soglie di capitale e, a differenza di quanto fatto in passato, non sottopone le banche a un esame con istituti promossi e bocciati. Si tratta piuttosto di un test che, sulla base della situazione di bilancio fotografata al 31 dicembre 2015, valuta la capacità di tenuta delle singole banche in uno scenario ipotetico avverso, utilizzando diverse metriche come il capital ratio, il total capital ratio e il leverage ratio ma senza includere le azioni discrezionali che possono essere intraprese dalle banche per mitigare l’effetto di uno shock - spiega Mario Quagliariello, capo della Divisione Analisi dei rischi all’Eba (European Banking Authority) -. Lo stress test dell’Eba non è un’asset quality review, è un punto di partenza per le autorità di vigilanza che effettueranno lo Srep entro fine anno. I mercati dovranno attendere il processo di revisione e valutazione prudenziale per il quale le autorità di vigilanza tengono conto anche delle operazioni di mitigazione, del bilancio dinamico e non statico: sarà lo Srep, non lo stress test, a indicare un target di capital ratio da soddisfare nel medio periodo».

Ovviamente, ci tiene a puntualizzare Quagliariello, «nel caso di minaccia imminente alla stabilità di una banca ci aspettiamo che le autorità competenti intervengano immediatamente». Se lo aspettano anche i mercati. Ma l’Europa finora è stata inadempiente proprio sul fronte dell’immediatezza per evitare la spirale negativa sul fronte bancario: gli interventi precauzionali in Europa rischiano di essere messi in campo quando oramai le uova si sono rotte.

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