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Il senso di Londra per il ridicolo (e il tragico)

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Europa

Il senso di Londra per il ridicolo (e il tragico)

C’è un senso del ridicolo, e purtroppo del tragico, nella grande fuga di Londra. I cocci di Brexit cadono a pioggia su Gran Bretagna ed Europa. Intanto i protagonisti della storica svolta inglese sull’ignoto, si sfilano. Accompagnati alla porta per manifesta inadeguatezza, denunciata dal suo stesso luogotenente, come nel caso di Boris Johnson, oppure esuli per scelta «personale», come nel caso di Nigel Farage, attentissimo, però, a non abbandonare salari e prebende garantiti dalla riaffermata volontà di restare nel parlamento europeo. L’unico dove può sedere non essendo mai riuscito a conquistare un seggio a Westminster.

Miserie di una congiuntura, quella del dopo Brexit che non cessa di lasciarci senza parole per l’improvvisazione di un Paese che non sa nemmeno quale debba essere la procedura da seguire per sancire la frattura con Bruxelles voluta dal suo popolo. Il dito sul pulsante dell’articolo 50 ce l’ha il premier o il parlamento come vorrebbe una democrazia parlamentare? E se spetta al parlamento, tocca ad entrambe le camere oppure solo ai Comuni ? E se spetta ad entrambe nel caso di un “sì” alla Brexit da parte dei Comuni e un “no” dei Lords, l’upper chamber avrebbe titolo simile alla lower chamber oppure – come per la legislazione ordinaria – il pronunciamento dei Pari del Regno sarebbe sostanzialmente ininfluente? Non c’è nulla di amletico nel “multiplo” dilemma, se così si può dire, ma solo una procedura che si sperava fosse nota agli organizzatori della consultazione assai prima di annunciarla, o almeno nel durante, o di sicuro nell’immediatezza dell’esito.

E invece dieci giorni più tardi è un coro di sorprese che si sgrana ora al ritmo di un mercato immobiliare in allarme rosso come suggerisce lo stop imposto alle contrattazioni, e conseguentemente alle richieste di riscatto, del fondo commercial property di Standard Life. L’ultima volta che accadde una cosa del genere era il 2007, nel 2008 ricordiamo bene che cosa accadde. Tutti stanno con la bocca aperta a guardare il cielo, aspettando una parola risolutiva che, qualunque essa sia, è destinata a scaldare gli animi di un Paese diviso in due, minacciato ora anche dall’angoscia sul destino dell’immobiliare sulle cui spalle si regge, da sempre, la struttura economica del Regno Unito. Spaccato nei numeri, nelle nazioni che lo compongono, nella geografia socio-economica. Ci sono gli elementi di un quadro che, se eccessivamente esasperato, porterà la gente in piazza come si è visto, in una breve sequenza di quanto potrebbe accadere su vasta scala, sabato scorso nelle vie di Londra quando decine di migliaia di eurofili hanno chiesto di restare nell’Ue. Che cosa faranno gli elettori della Brexit se scoprissero – non gliel’ha mai detto nessuno – che il Parlamento di Westminster può ignorare la loro volontà perché il voto è “solo” consultivo? Possiamo solo immaginarlo, così come possiamo immaginare la reazione degli eurofili se scoprissero di non appartenere più a una democrazia parlamentare. La più antica, la più gloriosa come ci sentiamo ripetere da sempre. E al primo lezzo di cordite i generali si danno alla fuga, come ha denunciato con lucida freddezza Lord Heseltine che di complotti se ne intende da cospiratore quale fu contro Margaret Thatcher. Altri tempi, altri uomini. Oggi il premier si dimette smentendo tutto quanto aveva detto, promesso, giurato fino a un istante prima. Il volto più popolare fra Tory brexiter, il biondo e loquace Boris Johnson, accetta, vivamente incoraggiato, di farsi da parte e lo fa, crediamo, ben contento di non doversi misurare con il caos da lui stesso creato con tanta, irresponsabile leggiadria. L’ideologo del Grande Strappo, Nigel Farage, infine, abbandona il campo, dicendosi soddisfatto del traguardo raggiunto prima tappa dello sfondamento dell’Unione obbiettivo da lui stesso dichiarato. Missione compiuta, dice. Sarà davvero “accomplished” quando su Londra sarà sbocciata l’alba di una nuova civiltà, ma sulla Gran Bretagna pesa solo il caos. Nigel sa bene che la missione deve ancora cominciare, solo per questo se ne è andato.

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