Gli strumenti giuridici di ingresso di aziende straniere nel mercato indiano sono tre: entità non societarie, società e partnership. Queste ultime, tuttavia, non sono molto utilizzate.
Entità non societarie
Il Liaison office viene costituito per rappresentare la società madre in India, per promuovere l’export-import con l’India, la collaborazione tecnica/finanziaria tra la società straniera e le società in India e costituisce un canale di comunicazione tra società straniera e società indiane. Non può intraprendere attività commerciali o industriali.
Una società straniera può aprire un Project office in India se ha stipulato un contratto con una società indiana per l’esecuzione di un progetto (I) sostenuto con rimesse dall’estero; (II) da un’agenzia finanziaria internazionale bilaterale o multinazionale; (III) approvato dalla competente autorità; (IV) la società o entità in India, aggiudicataria del contratto, è garantita da prestito da parte di una istituzione finanziaria pubblica o da una banca indiana per il progetto. Il Project office non può svolgere attività diversa dall’esecuzione del progetto.
Il Branch office è una longa manus della società straniera in India e può svolgere limitate attività commerciali, quali l’export/import di beni; la fornitura di servizi di consulenza; la rappresentanza della società madre, agendo come agente e rappresentante commerciale; attività di ricerca e sviluppo nel settore della società madre. Non può svolgere attività produttive o commerciali retail.
Società
Le aziende italiane davvero interessate a entrare nel mercato indiano prediligono la società interamente posseduta dalla casa madre e la joint venture con un partner locale. La società interamente posseduta può essere costituita nelle forme di private limited company e di public limited company, con diversi requisiti e caratteristiche quanto al numero minimo e massimo di soci e amministratori, al capitale sociale, alle restrizioni nella circolazione delle azioni e, più in generale, alla soggezione della relativa governance a vincoli regolatori, molto più stringenti nella public limited company.
Lo strumento più classico nell’ipotesi di avvio di un’attività in partnership con un socio locale resta la joint venture company (Jvc), di solito nella forma di private limited company. I punti salienti della costituzione della Jvc sono, dopo l’attenta scelta del partner locale, la sottoscrizione di un memorandum of understanding (Mou), in genere non vincolante, che forma la base del joint venture agreement (Jva), il documento fondamentale nel quale sono convenuti tutti i patti più importanti che governano i rapporti tra società straniera e partner locale. Mentre nel Mou sono talvolta indicate determinate condizioni, estranee alla volontà delle parti, al cui verificarsi vengono subordinati gli accordi ulteriori per la prosecuzione della joint venture, nel successivo Jva c’è la disciplina sui conferimenti, la partecipazione al capitale sociale da parte dei soci, le attività oggetto della Jvc, l’apporto di proprietà industriale (marchi o brevetti per lo più) di ciascuno dei soci, i poteri riservati alle parti in merito all’amministrazione della stessa, la risoluzione delle controversie e le cause di cessazione della Jvc. Fondamentale è la gestione dei diritti di proprietà industriale, di solito apporto del partner italiano, sotto molteplici profili: in primo luogo la scelta dello strumento attraverso il quale la Jvc beneficia dei beni immateriali del socio italiano e dei limiti al loro sfruttamento.
Scelta la forma giuridica dell’investimento, resta la parte più importante: l’organizzazione dell’attività e l’individuazione della persona che la gestirà, che si consiglia, almeno nella fase di start up, sia una persona di piena fiducia dell’investitore.
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