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«La Ue valuti il sostegno pubblico alle banche»

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«La Ue valuti il sostegno pubblico alle banche»

FRANCOFORTE

Il problema dei crediti deteriorati delle banche deve essere affrontato «in modo complessivo a tutti i livelli», secondo il consiglio della Banca centrale europea, per rilanciare il credito e evitare la frammentazione dei sistemi finanziari dell’area euro, a scapito di quei Paesi dove il problema è più grave, come l’Italia, ma l'aggiustamento dei bilanci delle banche è «un processo laborioso e richiede una gestione attenta, anche in riguardo alla stabilità finanziaria». E il vicepresidente della Bce, Vitor Constancio, ha affermato ieri che un «piccolo sostegno pubblico» è giustificabile da considerazioni di stabilità finanziaria.

Il resoconto dell’ultima riunione di consiglio del 2 giugno scorso, pubblicato ieri dalla Bce, osserva il ribasso dei titoli bancari nelle ultime settimane, riflesso delle difficoltà di affrontare il problema dei crediti deteriorati, della pressione sui modelli di business delle banche e sulla loro redditività e l’incertezza sul quadro normativo che le riguarda. Il riferimento è, secondo un’analisi di Antonio Garcia Pascual, di Barclays, rivolto alla necessità di applicare con cautela la direttiva europea sul bail-in nel processo di ripulitura dei bilanci delle banche. La Bce, secondo le minute, è preoccupata del fatto che la situazione dei bilanci bancari possa ostacolare la trasmissione della politica monetaria. In un discorso tenuto ieri a Madrid, Constancio ha sostenuto che «la situazione attuale, dopo un’altra tornata di ribassi delle azioni bancarie dopo Brexit, merita una riflessione sulla possibilità di compensare alcuni fallimenti del mercato con un piccolo sostegno pubblico per migliorare nettamente la stabilità del settore bancario di alcuni Paesi».

Nei giorni scorsi, il membro del consiglio di vigilanza, Ignazio Angeloni aveva ricordato che «il sostegno pubblico, opportunamente regolamentato e controllato, è un componente fondamentale di un quadro bancario ben strutturato» e che questo è vero negli Stati Uniti ed è previsto anche dall’attuale normativa europea. La discussione fra il Governo italiano e le autorità europee per il rafforzamento, anche con fondi pubblici, del capitale di alcune banche e l’assorbimento dei crediti deteriorati, o Npl, verte fra l’altro sulla valutazione dei rischi per la stabilità finanziaria derivanti dalla situazione di alcuni istituti di credito e dall’applicazione delle regole sul bail-in. In una lettera dell’estate 2013, inviata in altre circostanze dal presidente della Bce, Mario Draghi, all’allora commissario per la Concorrenza, Joaquin Almunia, il banchiere centrale sosteneva, stando al “Fatto” e all’agenzia Ansa, che in casi «eccezionali» di ricapitalizzazioni della banche con fondi pubblici, «la conversione forzata del debito in capitale potrebbe non essere dovuta in situazioni in cui una banca, dopo una revisione della qualità degli asset, ha un capitale al di sopra del minimo regolamentare, ma al di sotto della soglia degli stress test». Danni «strutturali» al mercato del debito bancario subordinato potrebbero comportare una fuga degli investitori, secondo la lettera. Almunia aveva risposto, secondo l’Ansa, che, nel ricapitalizzare preventivamente le banche (come è allo studio in una delle opzioni per l’Italia in vista della pubblicazione degli stress test il 29 luglio), le norme europee prevedono già le «circostanze eccezionali», da verificare caso per caso, che consentono di evitare perdite agli obbligazionisti subordinati quando si interviene con fondi pubblici.

E sarà decisiva la sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione europea attesa per il 19 luglio. Al centro della causa finita sul tavolo della Corte c'è il salvataggio degli istituti di credito sloveni deciso nel 2013 da Lubiana: un'iniezione da 3 miliardi al sistema bancario. Una sentenza favorevole al governo di Lubiana aprirebbe un nuovo scenario che andrebbe a contemplare aiuti di Stato non più subordinati alla condivisione degli oneri tra azionisti, obbligazionisti e correntisti oltre i 100 mila euro. Una svolta possibile anche per l’Italia.

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