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La prima sfida, il negoziato su immigrazione e mercato unico

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L'Analisi|Europa

La prima sfida, il negoziato su immigrazione e mercato unico

«Se cercate un annuncio chiedete a un uomo, se cercate fatti chiedete a una donna». L’aforisma di Margaret Thatcher esce dalle pagine della storia britannica e si fa cronaca. Dopo le tragicomiche avventure di David, Boris e Michael, buone per ispirare J.K Jerome, la Gran Bretagna si dà un colpo di reni ed esce dal guado. Sceglie Theresa May, navigata new entry di un mondo che affossa il pantalone e sventola la gonna. A Buckingham Palace c’è una regina, a Downing Street una signora primo ministro, a Edimburgo c’è un’altra signora, la First Minister di Scozia, mentre sulle panche dell’opposizione s’arrampica un’altra bionda Lady, decisa a scalzare l’attuale leader Labour. La resa totale del cosiddetto sesso forte cestina settimane di camarille per scegliere il sostituto di David Cameron grazie al gesto di un’altra donna, l’aspirante premier Andrea Leadsom che rinunciando a Downing Street ha spianato la strada a Theresa May.

La signora ministro degli Interni condivide con Margaret Thatcher una tenacia oltre i limiti della cocciutaggine. «A bloody difficult woman», nell’immaginifico motto del veterano deputato Tory, Kenneth Clarke, buono per essere scolpito sotto il blasone della figlia di un sacerdote anglicano e nipote di un ufficiale dell’esercito. Nata per convincere e per combattere. E la sua missione è chiara, riaffermata in quel «Brexit è Brexit. E sarà un successo», pronunciato di nuovo ieri, poche ore prima che gli eventi precipitassero. Nessun ripensamento, nessun giro di valzer, nessuna interpretazione acrobatica del voto, dunque, come pure una gran parte del Paese vorrebbe.

Con Theresa May Londra andrà nella direzione indicata dagli elettori il 23 giugno nonostante il suo debole sostegno al fronte Remain. Il premier prescelto è stato ministro degli interni per sei anni e sul controllo dell’immigrazione ha dato battaglia, accettando però come ragionevole il compromesso raggiunto da Cameron con i partner nel febbraio scorso, base dell’intesa poi bocciata dagli elettori al referendum. E proprio l’immigrazione s’è confermata uno dei punti più sensibili dell’elettorato. Un punto che Theresa May terrà con forza, crediamo, nel negoziato con i partners. Fino a che punto ? A condizione anche di compromettere le chance di accesso al mercato interno? In quel caso Brexit non sarà affatto sinonimo di successo e Theresa May lo sa bene. Il passaggio è stretto per una signora premier, recalcitrante al compromesso come l’unica lady che la precedette a Downing Street, ma lontana dalla visione fideistica della politica, tanto cara alla spiritualità metodista di Margaret Thatcher.

Di parole, gli uomini, ne hanno spese tante in questi mesi di campagna referendaria e in queste settimane di passeggiata sul vuoto dell’incertezza. Sono stati tutti spazzati, ora arrivano le signore e se i precedenti hanno un valore sapranno tenere fede all’urgenza che affligge la Gran Bretagna. Con i fatti.

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