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Chi è il killer di Nizza: Bouhlel, identikit da lupo solitario

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Chi è il killer di Nizza: Bouhlel, identikit da lupo solitario

Sono uno sciame di api senza alveare. Che si disperdono impazzite. Non agiscono insieme, non hanno un centro di comando, rispondono solo alla propria follia. Proprio per questo possono colpire con più frequenza e meno prevedibilità. È l’armata invisibile dei lupi solitari, dei jihadisti fai da te. Spesso cresciuti nei Paesi europei che decidono di colpire. Paesi di cui parlano perfettamente la lingua. Un’armata che si spera piccola, ma di cui sappiamo poco.

Non ci sono ancora conferme. Ma le notizie finora diffuse sull’autore della strage di Nizza sembrano corrispondere all’identikit del lupo solitario. Si chiamava Mohamed Lahouaiej Bouhlel, aveva 31 anni. Era tunisino ma dal 2011 risiedeva a Nizza con un regolare permesso di soggiorno di 10 anni . Ottenuto grazie al matrimonio con una franco-tunisina di Nizza da cui ha avuto tre figli e da cui stava divorziando. Così come moltissimi tunisini residenti in Francia. Sappiamo anche che lavorava come corriere per la consegna di merci. Dunque non era neanche disoccupato. Ma soprattutto, come ha rivelato una fonte del ministero, «non era inserito in nessuna lista di ricercati per terrorismo». Come altri lupi solitari non era un fervente religioso. I vicini di casa lo hanno definito una persona «solitaria e silenziosa». Per quanto il padre in Tunisia fosse un fervente islamista, il figlio non dava certo la stessa impressione . Anzi. Spesso girava in pantaloncini, amava ballare e sembra facesse uso di droghe.

Come fermare queste schegge impazzite? Certo, anche Mohamed Lahouaiej Bouhlel aveva alle spalle dei precedenti penali. Reati minori commessi tra il 2011 e il 2016, come ha precisato il procuratore della Repubblica François Molins. In marzo era stato condannato a sei mesi con la condizionale per «violenza domestica». Da un paio di settimane era sotto controllo giudiziario dopo essere stato fermato dalla polizia per un incidente con il camion. Ma se si dovessero sorvegliare tutte le persone con precedenti penali, anche piccoli, anche selezionando solo i cittadini di origini arabe o i musulmani (peraltro i lupi solitari possono non avere precedenti ed essere di origine europea), ci vorrebbero centinaia di migliaia di poliziotti e investimenti proibitivi. Una sfida quasi impossibile. Che peraltro non garantirebbe i risultati sperati.Ecco perché i lupi solitari sono per l’Isis un’arma strategica. Ecco perchè cerca di arruolarli con la sua propaganda martellante.

«Cari lupi solitari», scriveva il 21 maggio il portavoce del Califfato, Mohammed al-Adnani, invitandoli a seminare il terrore con ogni mezzo. Già nel 2014,in un video, la leadership dell’Isis invitava a uccidere i francesi: «Rompetegli la testa con una pietra, uccideteli con un coltello, investiteli con la vostra auto».Difficile pensare a delle coincidenze riguardo ai due attentati accaduti in Francia dopo quell’appello. Quello del 20 dicembre 2014 a Digione,quando un uomo a bordo della sua auto aveva investito e ferito, all’urlo di Allahu Akbar 13 passanti. E quello,due giorni dopo, di Nantes, dove un altro terrorista aveva lanciato il suo furgone contro un chiosco gridando «Dio è grande» e ferendo 11 persone.

Da tempo, dunque, l’Isis esorta i suoi simpatizzanti sparsi nel mondo a compiere attentati con ogni mezzo a disposizione. Senza ricorrere necessariamente alle armi convenzionali. Un camion lo poteva guidare chiunque. L’attentato di Nizza ha segnato però una svolta. I “jihadisti fai da te” erano stati finora meno letali. Gli 84 morti di Nizza sono invece un bilancio pesantissimo. Non l’opera di un commando addestratosi per mesi come negli attentati di Parigi e Bruxelles. Ma, in apparenza, di un uomo comune. Un attentato costato pochissimo.

Questa non è nemmeno più una guerra asimmetrica. Ma una guerra polverizzata, atomizzata. Dove non si possono usare bombardamenti e i nemici sono dispersi, invisibili. Arrendersi all’idea che sia una guerra che non si può vincere sarebbe un errore fatale. Lo sarebbe anche cambiare i valori e i principi del mondo occidentale. Perché non uscire più di casa, vivere nel terrore, sospettare anche del vicino della porta accanto, farebbe il gioco dell’Isis o di al-Qaeda.

Saranno necessarie importanti restrizioni della privacy, delle libertà, di Internet. Ma non basterà. Il nemico invisibile si sconfigge sgretolando la folle ideologia di cui si nutre. L’Isis lo sa. Ed è forse la cosa che teme di più.

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