Un patto militare tra Russia e Stati Uniti per combattere - unendo concretamente gli sforzi - i gruppi estremisti in Siria. Non solo lo Stato islamico, ma anche i gruppi qaedisti, in prima linea il potente fronte al-Nusra.
Il viaggio del segretario di Stato americano John Kerry a Mosca, dove ieri sera ha incontrato il presidente Vladimir Putin e oggi vedrà il ministro degli Esteri Sergej Lavrov, avrebbe per obiettivo la fattibilità di questo inedito accordo, capace di cambiare radicalmente gli equilibri sul terreno. A diffondere la notizia è stato il quotidiano americano Washington Post, il cui autore dell’articolo ha ottenuto un documento riservato. «La nuova proposta dell’amministrazione Obama alla Russia sulla Siria è molto più ampia di quanto si sapesse - scrive il quotidiano - e aprirebbe la via per una profonda cooperazione tra militari americani e russi e tra agenzie di intelligence, per attacchi aerei coordinati contro i ribelli siriani considerati terroristi».
Nè Mosca né Washington hanno confermato la notizia. Ma al contempo non l’hanno negata. Dettaglio non da poco. «Vediamo l’offerta, allora sarà possibile parlare», ha detto il portavoce di Putin, Dmitrij Peskov, sottolineando comunque la disponibilità russa a collaborare per la coordinare gli sforzi contro il terrorismo. «Sto andando a Mosca per incontrare il presidente Putin – ha precisato Kerry ai giornalisti prima di partire –. Avremo molto tempo per parlare riguardo a ciò e vi illustrerò a che punto siamo».
Finora il coordinamento tra Stati Uniti e Russia si era limitato a una sorta di “diplomazia militare” tramite due centri per la conciliazione delle parti; uno russo situato a Hmeymim, in Siria, ed uno americano ad Amman, in Giordania. Il documento pubblicato dal Washington Post parla invece della creazione di un nuovo organismo - il “Gruppo misto di attuazione” (Joint Implementation Group) - che prevede la partecipazione di militari russi e americani.
«Complessivamente, la proposta modificherebbe radicalmente la politica siriana degli Stati Uniti, convogliando più potenza militare contro al-Nusra che contrariamente all’Isis si concentra sulla lotta al regime del presidente siriano Bashar al-Assad», ha scritto il Washington Post.
Due mesi fa proprio la Russia aveva proposto agli Stati Uniti di colpire con raid congiunti i jihadisti del Fronte al-Nusra. Washington preferì lasciar perdere. Per quanto sia un feroce movimento qaedista, al-Nusra resta il più organizzato e potente movimento di opposizione ad Assad. Ed è anche in guerra contro lo Stato Islamico (che ieri ha perso uno dei suoi più temibili comandanti in Iraq, Omar al Shishani, detto “Omar il ceceno”, ucciso in un raid). Non solo. Al-Nusra spesso forgia alleanze, mescolandosi, anche con gruppi dell’opposizione armata siriana considerati dagli Stati Uniti moderati, e comunque non estremisti. A volte agiscono insieme in operazioni congiunte. Bombardare i qaedisti significherebbe in alcuni casi colpire anche questi ribelli. Come è accaduto durante la tregua (in cui i qaedisti erano esclusi). Per colpire al-Nusra i caccia russi avrebbero ucciso decine, se non centinaia di ribelli dell’opposizione, irritando la Casa Bianca ed il Pentagono.
Non sarà tuttavia facile finalizzare l’accorso. Innanzitutto perché gli Usa chiederebbero alla Russia, come contropartita, di premere su Assad affinché rinunci alla sua aviazione militare, i cui bombardamenti ogni giorno uccidono molti civili.
Anche in caso di successo,il piano(che comunque non è ben visto né dalla Cia nè dal Pentagono) risulta comunque monco. Per il semplice fatto che, al di là della minaccia dell’Isis e di al-Nusra, Washington e Mosca continuano ad avere visioni opposte sul destino del presidente siriano al-Assad. Obama non ha mai smesso di chiedere le sue dimissioni e aveva posto come data per l’avvio della transizione il prossimo 1° di agosto. Il Cremlino, invece, preferisce tralasciare l’argomento, ricorrendo a un linguaggio piuttosto ambiguo. Ma di dimissioni non ha mai parlato.
Un atteggiamento che ha incoraggiato il presidente al-Assad, ottimista su una vittoria in tempi brevi, a ribadire la sua posizione: «Solo il popolo siriano ha diritto di decidere chi debba essere il presidente, quando essere eletti e quando lasciare: i russi non hanno mai detto una parola su questo», ha detto alla Tv americana Nbc, accusando gli Usa di puntare solo a destituirlo anziché a combattere il terrorismo. Ma agli occhi di Damasco(e di Mosca) terroristi sono ormai tutti i gruppi armati dell’opposizione siriana. La Casa Bianca, però, non la pensa così. Tutt’altro.
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