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Mobilitazione e intelligence: così Israele si difende da quasi 70 anni

Un’esercitazione di soldati israeliani (Reuters)
Un’esercitazione di soldati israeliani (Reuters)

L'angoscia e l'apparente incapacità d'impedire questo genere di attentati, ci spinge a chiederci se esista un antidoto, un modello da imitare per garantire la sicurezza collettiva dell'Europa. Alleanza Atlantica, divisioni corazzate e bombardieri sono inefficaci di fronte a questa forma di terrorismo a chilometro zero: gli assassini colpiscono nella stessa città, a volte nello stesso quartiere in cui vivono.

L'idea che va per la maggiore, anche prima dell'ultimo attentato a Nizza, è il modello israeliano: la militarizzazione e la mobilitazione dell'intera società civile, accanto a un'intelligence di primo livello e a una solidarietà collettiva che sfugge all'Europa nel suo insieme e a ogni singolo paese che la compone.
Il modello è attraente anche perché, militarizzandosi, Israele è stato capace di non rinunciare ai suoi valori democratici fondanti. Fino ad ora: dall'attuale governo di destra-centro guidato da Bibi Netanyahu, vengono segnali preoccupanti.

Ma per funzionare, il metodo Israele ha bisogno, appunto, di caratteristiche israeliane: un paese minacciato ancor prima della sua nascita, quasi 70 anni fa; dimensioni territoriali piccole, una popolazione di soli 5 milioni di abitanti di religione ebraica (altri due milioni d'Israeliani sono arabi); un aiuto militare estero (gli Usa) fondamentale. La società civile israeliana ama la polemica, il suo sistema politico è rissoso e pletorico: ma di fronte alla sicurezza nazionale tutte queste divisioni scompaiono.

Il modello israeliano può probabilmente funzionare nella difesa degli obiettivi sensibili come gli aeroporti e i luoghi pubblici. Ma anche in questi obiettivi selezionati, l'applicazione del metodo richiede di accettarne le premesse e le conseguenze. Il servizio militare israeliano è obbligatorio e dura tre anni ai quali segue ogni anno un richiamo fin oltre i 50 anni d'età. La durata del ritorno sotto le armi dei riservisti dipende dall'incarico e dalle condizioni di pace o di guerra del paese. Anche le donne vanno a militare per un anno e da qualche tempo formano dei reparti di prima linea. Una mobilitazione continua di queste dimensioni permette agli israeliani di accettare anche le restrizioni quotidiane causate dalla minaccia del terrorismo.

“Sarebbero gli europei, in pace da 70 anni, capaci di sopportare i sacrifici necessari per applicare il modello israeliano?”

 

Sarebbero gli europei in pace da 70 anni, capaci di sopportare i sacrifici necessari per applicare il modello israeliano? Non c'è ormai paese nel continente che abbia una forza armata di leva, e l'opinione pubblica non sempre mostra grande solidarietà verso i suoi concittadini professionisti in armi. Gli israeliani, invece, sono un popolo in armi. Ma la ragione più importante è la percezione della minaccia. Per gli israeliani è forte e chiara e si tratta di un pericolo esistenziale: anche se le loro forze armate sono fra le migliori del mondo e nessuno in Medio Oriente vi si può avvicinare, gli israeliani continuano a credere di essere sotto costante minaccia di distruzione totale. Del resto Israele è l'unico paese al mondo dichiaratamente minacciato di estinzione da un altro paese membro delle Nazioni Unite: l'Iran khomeinista.

Un continente che solo 70 anni fa era un cumulo di macerie dalla Sicilia alla Normandia, dalla Gran Bretagna alla Russia, fatica a percepire l'entità della sua minaccia. E infatti quello del terrorismo jhadista non è un pericolo esistenziale. I suoi assassini possono ucciderci mentre facciamo le cose più banali: assistendo a uno spettacolo pirotecnico, prendendo la metropolitana, andando a fare la spesa. Questo aumenta la nostra insicurezza individuale e collettiva. Poiché, tuttavia, nessuno crede che ogni singola nazione e la civiltà occidentale rischino l'estinzione, occorre tempo perché le società europee cambino le loro abitudini.

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