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Golpe in Turchia: si spara nelle strade

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Golpe in Turchia: si spara nelle strade

  • –Alberto Negri

Si sparava nelle strade di Istanbul e ad Ankara, ieri notte. Il tentativo di putsch è arrivato poco dopo il tramonto sul Bosforo, quando, secondo i ribelli era stato preso in ostaggio il capo di stato maggiore. Qualche ora dopo è stata annunciata la legge marziale e il coprifuoco. Le forze armate annunciavano di avere preso il controllo della Turchia. I carri armati sono stati schierati sui ponti, scontri a fuoco sono divampati tra militari e polizia a Istanbul, Ankara e Diyarbakir, aeroporti chiusi, circondati dai blindati e tutti i voli cancellati, social network bloccati: con gli elicotteri volteggianti nel cielo e gli aerei F-16 che sorvolavano a quota bassissima la capitale, si è materializzato un golpe delle forze armate ostili al presidente Tayyip Erdogan.

L’era del “Sultano” Erdogan vacilla e con lui un altro tassello strategico del grande Medio Oriente, uno storico alleato della Nato, a cavallo tra Est e Ovest, nell’anticamera di ingresso dell’Europa. A piazza Taksim i militari i golpisti dell’esercito si sono scontrati con la polizia antisommossa fedele al presidente. Colpi di arma da fuoco sono stati sparati contro il palazzo presidenziale ad Ankara. E sul ponte del Bosforo, bloccato dai mezzi dell’esercito, ci sarebbero state anche vittime civili. Il presidente Erdogan, secondo la Nbc, avrebbe cercato riparo in Germania ma il governo tedesco gli avrebbe negato il permesso di atterrare. Secondo indiscrezioni l’aereo con a bordo il presidente si sarebbe allora diretto in Qatar. Sulla sorte del presidente le notizie erano però molto confuse. A tarda notte Erdogan è apparso alla Cnn turca per dire: «Sono ancora il presidente, scendete tutti in piazza e difendete il paese».

«Un gruppo di militari dell’esercito turco ha tentato un colpo di Stato», ha dichiarato il premier Binali Yildirim che da qualche settimana aveva sostituto l’ex premier Ahmet Davutoglu ormai in rotta di collisione con Erdogan sulla politica estera del Paese in bilico.

La situazione si mostrava drammatica sin dalle prime battute del golpe. Il sindaco di Ankara, strettamente legato a Erdogan, con un tweet ha chiamato la popolazione a mobilitarsi e a scendere in piazza per difendere il governo. Solo una parte dell’esercito, secondo i governativi, si sarebbe schierata contro Erdogan e non si escludono clamorosi colpi di scena in un Paese che sta vivendo uno dei momenti più critici della sua storia recente.

«Stiamo valutando la possibilità della ribellione» di una fazione militare, ha detto il primo ministro in tv aggiungendo che i militari responsabili saranno «puniti». Ma in realtà l’esito del golpe nella notte era ancora assai incerto. Nessuna notizia affidabile è stata diffusa su Erdogan - che sarebbe al sicuro secondo la Cnn turca - intorno al quale per altro circolavano le voci più disparate: che aveva lasciato il gigantesco palazzo presidenziale di Ankara, collegato con un tunnel all’aereoporto militare, secondo altre indiscrezioni era in fuga su un’imbarcazione. Secondo l’ambasciatore turco in Italia, Ajdin Sezgin, il tentativo di golpe sarebbe stato effettuato da «piccoli gruppi che non hanno il sostegno popolare» e il presidente si troverebbe a Istanbul.

Pochi i dettagli su una rivolta militare che sembra sia cominciata con una rivolta dei giovani ufficiali di stanza in Tracia, ai confini nord della Turchia. Un elicottero d’attacco dell’esercito ha aperto il fuoco contro la sede dell’intelligence ad Ankara, ha riferito il sito russo di informazione Sputnik. I militari hanno poi disarmato le forze di polizia sia ad Ankara che a Istanbul. La Cnn turca riferiva che i ponti sul Bosforo a Istanbul erano stati chiusi in direzione dall’Anatolia verso l’Europa. La polizia di Ankara avrebbe reagito e annunciava di avere richiamato in servizio tutti i suoi agenti.

Non si avevano notizie di nuovi attentati che nei giorni scorsi avevano colpito drammaticamente l’aereoporto di Istanbul. Ma anche questo è un fattore importante che entra nel quadro della destabilizzazione della Turchia, più volte presa di mira in questo ultimo anno e mezzo da attentati spaventosi, a volte attribuiti ai jihadisti, in altri casi alla guerriglia curda. È in questa opacità che si sta giocando con ore drammatiche la sorte di un alleato chiave della Nato che aveva appoggiato i jihadisti per abbattere Assad e poi si era ritrovato con il pericolo di vedere insediare uno stato curdo ai suoi confini. Davanti a questa sorta di incubo geostrategico se ne sta materializzando un altro forse ancora più grave, un golpe militare come non si vedeva da decenni.

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