Mondo

Ue: «Rispetto per la democrazia»

  • Abbonati
  • Accedi
Asia e Oceania

Ue: «Rispetto per la democrazia»

  • –Beda Romano

BRUXELLES

È con cautela che l’establishment comunitario ha reagito ieri sera alle prime notizie di un colpo di Stato in Turchia. Osservatori cercavano di capire gli eventi ad Ankara e ad Istanbul, incerti se si debba appoggiare il potere eletto, vale a dire il presidente Recep Tayyip Erdogan, con cui il rapporto negli ultimi mesi si è degradato notevolmente; o approfondire le ragioni delle forze militari, tradizionalmente laiche e vicine al mondo occidentale.

Da Ulan Bator, dove si è svolto questa settimana un vertice di 51 Paesi europei e asiatici, l’Alto Rappresentante per la Politica estera e di Sicurezza Federica Mogherini ha preso posizione ieri sera poco prima della mezzanotte attraverso un breve tweet: «In costante contatto con la delegazione europea ad Ankara e con Bruxelles, dalla Mongolia – ha scritto la signora Mogherini -. Chiedo moderazione e rispetto per le istituzioni democratiche».

Russia e Iran esprimono serie preoccupazioni per quanto sta avvenendo in Turchia. Da Londra, anche il nuovo ministro degli Esteri inglese Boris Johnson si è espresso con un tweet, cercando di evitare di prendere posizione troppo netta, in attesa di capire la portata e la conseguenza degli avvenimenti: «Molto preoccupato per gli eventi che si stanno susseguendo in Turchia. La nostra ambasciata sta monitorando la situazione da molto vicino». I ministri degli Esteri europei devono incontrarsi qui a Bruxelles lunedì in una riunione ministeriale prevista da tempo.

La Turchia è un paese membro dell’Alleanza atlantica, un cruciale tassello sul fronte orientale nella lotta contro l’instabilità nel Vicino Oriente. In questi mesi di attentati a ripetizione sul territorio turco, l’organizzazione militare non ha fatto mancare il suo appoggio a Erdogan, 62 anni, inviando nell’Egeo navi e aerei dopo che nei cieli della regione vi sono stati scontri tra velivoli turchi e russi. Questa notte, la Nato preferiva non esporsi, in attesa di maggiori notizie.

Le prime analisi dei diplomatici qui a Bruxelles suggeriscono che il colpo di Stato sembra essere la risposta a una serie di elementi che hanno caratterizzato la politica di Erdogan, negli ultimi anni: la deriva islamista in primo luogo, ma anche gli arresti di alcuni militari in uno scandalo scoppiato all’inizio del decennio. Storicamente, i colpi di Stato in Turchia sono una risposta dell’esercito quando il governo in carica non dà più l’impressione di applicare la Costituzione, spiegava un diplomatico.

Il terremoto in Turchia mette l’Unione dinanzi a una scelta strategica non semplice. Faceva notare Richard Haass, presidente del Council on Foreign Relations di New York: «Il colpo di Stato in Turchia pone i governi americano ed europei dinanzi a un dilemma: è meglio sostenere un colpo di stato non democratico o piuttosto un leader autoritario sempre più non democratico?». Erdogan è stato eletto presidente nel 2014, e il suo partito (Akp) ha ottenuto la maggioranza assoluta nel 2015.

Per l’Europa, la crisi turca crea incertezze anche sul fronte dell’emergenza immigrazione. Con Ankara, Bruxelles ha firmato in marzo un accordo che ha permesso con difficoltà in questi ultimi mesi di ridurre gli arrivi di migranti sul territorio europeo. L’intesa ha ancora un destino incerto perché il governo turco si è finora rifiutato di introdurre i numerosi criteri che l'Unione considera essenziali per assicurare ai turchi la liberalizzazione dei visti, condizione per la Turchia di mettere pienamente in pratica l’intesa.

© RIPRODUZIONE RISERVATA