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Trump ora può far leva sulla paura

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CONVENTION REPUBBLICANA

Trump ora può far leva sulla paura

(Afp)
(Afp)

I delegati non sono ancora in città, a Cleveland. Il Convention Center è già pronto per incoronare giovedì prossimo Donald Trump e il suo compagno di corsa Mike Pence. Sarà una convention repubblicana storica. Fino a pochi giorni fa si cercava di capire che forma avrebbe preso la piattaforma finale del partito anche su temi come educazione e sanità. Ma da ieri, parando con politologi, esperti, politici di contorno, giornalisti si capisce che a Cleveland i lavori saranno dominati da due tematiche centrali.

La prima è che con la nomina di Pence Trump ha impresso una forte virata a destra al partito. Pence, con il suo passato di forte conservatorismo attivo sia sul piano religioso che su quello sociale, diventa a sua volta un argomento di discussione centrale.

La seconda: il dibattito in sala e dal podio degli oratori, sarà dominato dal problema islamico, dalla «Clash of Civilization» come anticipò già nel 1996 Samuel Huntington.

Quel che è successo negli ultimi tre giorni imprime nell’opinione pubblica americana ancora incerta una virata verso quelle tematiche e verso Trump, fautore di crociate anti islamiche per combattere gli estremismi religiosi. Tre episodi diversi, l’attacco a Nizza, il tentativo di un colpo di stato in Turchia, la rivelazione venerdì delle 28 pagine parte del rapporto del Congresso sull’attacco all’America dell’11 settembre (con accuse di collusione fra alcuni sauditi importanti e al Qaeda), focalizzano l’attenzione dei delegati e del partito repubblicano proprio sul sul pericolo anticipato da Huntington. E restiutiscono credibilità o comunque larga pubblicità ai temi più cari e controversi anticipati a Trump. Il suo attacco durissimo all’Islam, la sua minaccia di impedire e chiunque sia di religione musulmana di entrare in America, le sue promesse per introdurre controlli serrati per gli islamici, la dichiarazione di Newt Gingrich di ieri (anche lui era un candidato alla vicepresidenza) che chiedono di sottoporre a interrogatori i musulmani per capire se sono seguaci della Sharia per poi deportarli, domineranno su tutto. Per una ragione: l’appello anti islamico di Trump risuona nelle orecchie del americani molto di più oggi di quanto non fosse una settimana fa. E poco importa ricordare, come ha fatto il New York Times di ieri, che l’America è fondata sul rispetto delle religioni, che i suoi stessi valori saranno messi in discussione da discriminazioni simili a quelle contro i cittadini americani di origine giapponese dopo l’attacco di Pearl Harbour.

Oggi l’America ha paura del terrorismo religioso. E ne avrà ancora di più se ci dovesse essere un attacco direttamente contro l’America da qui a novembre.

Trump arriva a questa Convention repubblicana molto più forte di quanto non fosse appena due o tre settimane fa e sarà ancora più forte alla fine della convention. La scelta di un compagno di corsa come Pence gli copre il fianco della destra conservatrice che non si fidava di lui. Pence è talmente a destra da essersi più volte trovato in difficoltà con il suo stesso partito. Ma è un uomo di media, grande comunicatore (aveva un prorgramma radio), grande sostenitore di Trump. Porta in dote il Midwest e l’Indiana. Soprattutto porta in dote la mobilitazione del voto bianco conservatore.

I due elementi, la scelta di Pence e il pericolo costante di un attacco del terrorismo, diventano dunque due punti di forza per Trump che mancano a Hillary e alla retorica della sinistra che consiglia di «non cedere alla provocazione, di dialogare, di non discriminare». Gli americani bombardati da immagini di eccidi di estremismi contro il loro sistema, persino i cristiani evangelici più convinti non sono più sicuri di voler porgere l’altra guancia. Questo la convention repubblicana di Cleveland lo metterà a fuoco con grande chiarezza. E sarà la combinazione di un messaggio forte contro gli estremisti con la coreografia holliwoodiana che ci hanno promesso gli organizzatori, che consentiranno a Trump di consolidare a sua posizione e di guardare con maggiore credibilità alla richiesta che ha sempre fatto agli americani: «fidatevi, varcate il ponte ci ci separa, per l’America è giunto il momento di cambiare pagina anche sul fronte dei valori».

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