Sarebbe sbagliato impedire agli atleti “puliti” di partecipare ai Giochi di Rio. Il giorno dopo la pubblicazione da parte della Wada del rapporto sul «doping di stato» russo tra il 2010 e il 2015, che potrebbe portare all'esclusione di tutti
gli atleti russi dalle Olimpiadi, è lo stesso Comitato olimpico russo a intervenire sulla vicenda con una nota ufficiale: «Siamo categoricamente in disaccordo con chi ritiene la possibile esclusione dai Giochi di centinaia di atleti russi puliti un'accettabile conseguenza spiacevole delle accuse presenti nel rapporto».
Il Comitato russo mette in dubbio il rapporto e chiede ulteriori indagini «con la partecipazione di tutte le parti coinvolte», anche se il premier di Mosca Dmitri Medvedev ha già sospeso dall’incarico finio alla fine di un’inchiesta interna il viceministro dello Sport Iuri Nagornykh.
Sempre ieri, il presidente Putin aveva reagito alla pubblicazione del rapporto Wada, promettendo la sospensione temporanea di quei dirigenti pubblici i cui nomi figurano nel documento dell'Agenzia mondiale antidoping.
«Doping di Stato», la Wada accusa Mosca. Russia quasi fuori dai Giochi
La Wada, agenzia mondiale dell'antidoping, ha chiesto ufficialmente di escludere tutte le nazionali della Russia dalle gare dell'Olimpiade di Rio. E a questo punto il Comitato olimpico internazionale è pronto «alle più dure sanzioni» nei confronti di persone e organismi coinvolti nello scandalo doping, così come rivelato dal rapporto Wada pubblicato ieri che rivela «un inedito e choccante attacco all'integrità dello sport e dei Giochi Olimpici». Queste le dichiarazione del presidente del Cio Thomas Bach in attesa dell'esecutivo convocato d'urgenza per oggi in via telefonica per decidere sulla sospensione immediata in chiave Rio 2016.
Secondo il rapporto della Wada il doping dello sport russo era coperto e favorito dallo Stato, e non solo per l'atletica leggera: si trattava di un «sistema di falsificazione» dei test ordinato dalle autorità ai massimi livelli politici. Il laboratorio di Sochi in particolare (ma anche quello di Mosca) operò per consentire ad atleti russi dopati di competere ai Giochi invernali del 2014, e tutto sotto indicazione del ministro dello sport di Mosca, con la supervisione dei servizi segreti.
I casi scoperti dalla commissione indipendente diretta da Richard McLaren sarebbero almeno 312. Il sistema messo in piedi dal ministero dello Sport cominciò con Vancouver nel 2010, coinvolse «in pratica tutti gli sport», ebbe effetto anche a Londra 2012, ai mondiali di atletica di Mosca 2013 ed a quelli di nuoto di Kazan 2015.
Come funzionava la copertura? Molti dei 312 atleti interessati mettevano da parte urina pulita nei periodi di disintossicazione, per creare una vera e propria banca di pipì pulita poi congelata per essere utilizzata quando serviva. Invece gli agenti dell’Fsb (l’ex Kgb) provvedevano, come successo in occasione dei controlli di Sochi 2014, a manomettere i flaconi svitando i tappi delle provette senza lasciare tracce.
In questo modo, quando venivano avvisati che qualche atleta di casa era risultato positivo, falsavano i risultati dei test. Avrebbero trovato conferma, insomma, le denunce dell'ex direttore del laboratorio antidoping russo, Grigory Rodchenkov, fuggito negli Usa dopo la morte in circostanze poco chiare di due colleghi.
McLaren sottolinea anche nel rapporto che le sue conclusioni sono supportate da prove evidenti, e che non ci sono dubbi sul fatto che di quanto avveniva fosse al corrente, in quanto direttamente coinvolto, il viceministro dello sport Yuri Nagornykh, mentre il ministro Vitaly Mutko «non poteva non essere a conoscenza della cosa, viste le dimensioni del fenomeno».
Ecco perché, insomma, mai come adesso la Russia rischia di rimanere fuori da Rio 2016, 32 anni dopo essersi chiamata fuori, per ritorsione nei confronti di chi aveva boicottato Mosca '80, dai Giochi di Los Angeles.
L’esclusione dei russi dalle Olimpiadi di Rio era stata chiesta con una lettera da dieci agenzie nazionali antidoping, tra le quali quelle di Usa, Canada, Germania, Giappone, Svizzera, Norvegia, Spagna e Nuova Zelanda. Secondo Bach, ciò che emerge dalle 90 pagine del rapporto di McLaren è «un inedito e scioccante attacco all'integrità dello sport e dei Giochi Olimpici», così fa capire che le sanzioni saranno inevitabili, nonostante ai Giochi carioca manchino poco più di due settimane.
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