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Le imprese italiane: produzione regolare

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L’IMPATTO SULL’ECONOMIA

Le imprese italiane: produzione regolare

Vincenzo Boccia, presidente di Confindustria (Ansa)
Vincenzo Boccia, presidente di Confindustria (Ansa)

A pochi giorni dal fallito colpo di Stato e dalla controffensiva dei sostenitori del presidente Erdogan, sono inevitabili i dubbi sulle ripercussioni che la vicenda turca avrà sull’economia italiana. Vincenzo Boccia, presidente di Confindustria, ritiene che le incertezze potrebbero avere ripercussioni sul Pil italiano ma sottolinea che «dire ora quali saranno gli effetti è ancora prematuro».
Una prudenza condivisa dal ministro per lo Sviluppo economico, Carlo Calenda. A suo avviso il tentato golpe in Turchia non è certo una buona notizia ma «sarebbe puro azzardo fare le stime di un possibile impatto sul Pil italiano». Ciò che preoccupa maggiormente è l’effetto incertezza che viene generato da questi episodi. Che, per Calenda, assumono un peso ancor più rilevante quando è coinvolto un Paese come la Turchia, «membro della Nato, candidato all’ingresso nell’Unione europea, un alleato importante». Per fronteggiare questo rischio di incertezza sullo scacchiere mondiale, Calenda spiega che l’Italia sta cercando di identificare mercati sicuri sui quali puntare, in particolare Stati Uniti e Canada.

Quanto alla Turchia, Boccia ricorda che la quota di export dell’Italia è marginale rispetto al totale. Lo scorso anno le esportazioni italiane verso Ankara hanno raggiunto i 10 miliardi di euro a fronte di 6,6 miliardi di importazioni.
Per il momento, però, le aziende italiane presenti in Turchia, circa 1.300, non lamentano particolari problemi. Fca, che produce con Tofas a Bursa (dove vengono realizzate le Tipo), ha regolarmente iniziato il lavoro sabato mattina. E non sono cambiate le regole per la sicurezza dei lavoratori italiani, invitati a non utilizzare il metrò o i traghetti, spostandosi con l’auto di servizio. In pratica i consigli della Farnesina.
Ma la situazione appare sostanzialmente tranquilla sia per le aziende italiane che hanno stabilimenti produttivi nel Paese sia per chi ha solo rapporti commerciali. A partire dal gruppo tessile Miroglio che opera da alcuni anni in Turchia con la joint venture Ayaydin Miroglio per la produzione, a Istanbul,di capi di abbigliamento femminile e che sta lavorando in tutta sicurezza.

«Non abbiamo registrato alcuna difficoltà», assicura Paolo Vitelle, presidente della Azimut Benetti che ha chiuso l’esercizio con un valore della produzione di 680milioni ed un fatturato di 740. In Turchia l’azienda italiana che produce yacht ha conservato alcune produzioni esternalizzate che stanno proseguendo regolarmente, senza risentire della tensioni interna al Paese. Che rimane, tra l’altro, un cliente di notevole livello per le grandi barche prodotte in Italia.
E lo stesso vale per Leondardo Finmeccanica. «Per noi - assicurano al gruppo - la Turchia era un mercato importante e resta tale. Chi lavora con noi e per noi è regolarmente in attività».
Anche alla Maina non si attendono contraccolpi negativi per l’importazione di materie prime come l’uva sultanina o le nocciole turche che si aggiungono a quelle piemontesi per la preparazione dei dolci: i contratti sono stati siglati da tempo e non si registrano segnali relativi ad eventuali mancate consegne.

Persino il turismo non ha registrato particolari contraccolpi, al di là della paura che aveva spinto ad una riduzione del 45% del numero degli italiani partiti verso la Turchia nei primi 5 mesi dell’anno. Alla Eden Viaggi assicurano che da sabato mattina non è arrivata né una richiesta anticipata da parte di chi si trovava in Turchia né un annullamento di chi aveva prenotato un viaggio per i prossimi giorni. Pare, dunque, che persino gli italiani si stiano rassegnando all’insicurezza ma non per questo rinunciano a viaggiare. Chi ha timori scegli altre mete, ma chi parte affronta anche le difficoltà del viaggio.
Preoccupano forse di più i movimenti che stanno coinvolgendo altri Paesi dell’Asia Centrale, con incidenti e sparatorie dall’Armenia al Kazakhstan. E anche gli effetti di una ripresa dei rapporti “normali” tra Ankara e Mosca, con la Russia che potrebbe rivolgersi alla Turchia per sopperire alla mancanza dei prodotti italiani soggetti alle sanzioni ed alle contro sanzioni.

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