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Brexit e banche sul tavolo della Bce

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il vertice

Brexit e banche sul tavolo della Bce

Brexit e i suoi effetti, ovviamente. Poi i limiti tecnici al quantitative easing. Senza dimenticare la questione delle banche italiane. Le attese per la riunione di luglio della Banca centrale europea non contemplano tagli dei tassi - che forse sono ormai da escludere - o nuove iniziative di politica monetaria. La conferenza stampa non sarà però “di routine”: troppe cose sono accadute nelle ultime settimane e occorrerà quindi vedere se, come molti si aspettano, l’orientamento diventerà ancora più espansivo.

Brexit non avrà, in Eurolandia, l’impatto che è previsto per la Gran Bretagna, malgrado gli stretti legami tra le due economie. L’euro non è stato particolarmente colpito dall’esito del referendum britannico e dalle nuove aspettative che si sono create. Da marzo il cambio effettivo - una media verso le maggiori valute - oscilla tra 94 e 96, al di sotto della media storica a 99,8 (ma al di sopra di quota 90 toccata a marzo 2015). Anche i tassi di mercato non hanno mostrato troppo nervosismo. Il Fondo monetario internazionale prevede del resto un impatto limitato sull’economia (tra zero e -0,5 punti entro il 2018, un effetto non dissimile dalle quello stimato dalla stessa Bce) anche se ha consigliato grande vigilanza sul fronte dell’inflazione.

La dinamica dei prezzi non segnala infatti particolari miglioramenti. A giugno, è vero, è scomparso il segno meno: l’indice è salito dello 0,1% annuo, contro il -0,1% di maggio, ma è il semplice effetto del rialzo del petrolio. Non irrilevante, dal momento che le aspettative di inflazione - più importanti dell’inflazione stessa - sembrano molto legate proprio al costo delle materie prime e del greggio e all’andamento dell’indice complessivo. Resta però il fatto che i prezzi dei beni industriali (escluso energia) sono saliti dello 0,4%, mentre quelli dei servizi dell’1,1%. Continuano quindi a muoversi a un ritmo molto debole, senza segnalare pressioni al rialzo.

Se questo scenario non brillante dovesse pesare anche Brexit, la Bce potrebbe essere costretta a intervenire di nuovo, probabilmente allungando il quantitative easing. Difficile però che, in assenza di dati, una decisione in questo senso sia presa nella riunione di luglio, ma il presidente Mario Draghi potrebbe preparare il terreno e alimentare le aspettative “giuste” tra gli investitori.

«La miscela di crescita più debole, inflazione leggermente più bassa e un aumentato rischio alla stabilità finanziaria convincerà probabilmente il consiglio direttivo a estendere il quantitative easing per sei mesi, almeno fino a settembre 2017. L’annuncio potrebbe arrivare in qualunque riunione tra settembre e dicembre», spiegava una nota di Marco Valli di Unicredit research. Non diversa è l’opinione di Reinhard Cluse e il suo team alla Ubs, mentre Ben May di Oxford Economics ritiene che il programma sarà comunque completato a marzo 2017; né valuta né tassi a breve - spiega - hanno reagito in modo da rendere necessarie nuove iniziative di politica monetaria.

Elga Bartsch e Daniele Antonucci di Morgan Stanley - tra i più pessimisti su crescita e inflazione - si aspettano, a settembre, anche un ulteriore taglio dei tassi sui depositi al -0,50%. Una misura che potrebbe essere presa anche per ovviare a un problema tecnico, ma non per questo secondario, che la Bce deve ora affrontare. Troppi titoli tedeschi - molto richiesti dopo Brexit e il declassamento dei titoli britannici - offrono ormai rendimenti inferiori al tasso sui depositi (oggi al -0,40%) e non possono essere quindi acquistati nell’ambito del programma di quantitative easing.

La Bce potrebbe essere altrimenti costretta a non rispettare le quote di acquisti, che devono essere pari alle quote di capitale di ciascun paese. Non è escluso però che il consiglio direttivo decida - ma non nella riunione di luglio - di adottare un criterio diverso che, tra l’altro, favorirebbe molto i titoli italiani (e questo potrebbe generare un problema tutto “politico” nel board). Gli acquisti di titoli tedeschi e portoghesi stanno inoltre raggiungendo il limite del 33% fissato per ciascun emittente e ciascuna emissione e anche su questo aspetto non è esclusa una revisione.

L’Italia - insieme al Portogallo - potrebbe essere protagonista in conferenza stampa anche per un altro tema: quello della debolezza di alcune banche e dell’applicazione delle regole sul bail-in, in attesa della pubblicazione, la settimana prossima, degli stress test dell’Eba. «Anche se la Bce agisce solo come vigilanza e non ha poteri diretti su come il problema delle banche italiane possa essere risolto - può segnalare i rischi, ma tocca ai governi e alle istituzioni europee affrontarli - questi sviluppi non possono essere ignorati dalla banca centrale nel momento in cui elabora il suo orientamento di politica monetaria», spiega un’analisi di Gilles Moec di BoA Merrill Lynch.

Sul tema, Draghi probabilmente ripeterà, spiega Moec, quanto hanno già detto le autorità europee a proposito della flessibilità a disposizione del governo italiano, ma questo non significa che la Bce può ignorare le vicende italiane nel momento in cui elabora la sua politica monetaria. Dai dati sui prestiti in Eurolandia, aggiunge Moec, è emersa qualche debolezza nella concessione di crediti in Italia e la Bce «è particolarmente sensibile agli sviluppi avversi nei “paesi membri di frontiera”, ossia alle economie di sistema con problemi su crescita e sostenibilità del debito».

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