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polemiche dopo la strage

Nizza, «Pressioni dal governo» sulla sicurezza. Cazeneuve annuncia querela per diffamazione

Foto Ansa
Foto Ansa

Accuse pesanti e una nuova imbarazzante tegola per il governo francese dopo la strage del 14 luglio. Intervistata dal Journal du Dimanche, in edicola oggi, Sandra Bertin, capo del Centro di supervisione urbana (Csu) di Nizza, ha dichiarato che all'indomani della strage è stata tenuta «per un’ora al telefono» da un funzionario del ministero dell'Interno che le ha commissionato un rapporto sul dispositivo di sicurezza sulla Promenade des Anglais, chiedendole di indicare la presenza della Police Nationale «che però io non vedevo sullo schermo».

Ora, la polizia nazionale, «forse era lì - ha spiegato Bertin - ma dai video la loro presenza non era evidente. Questa persona poi mi ha chiesto una e-mail del rapporto in versione modificabile. Sono stata molestata per un'ora - ha concluso - mi ha ordinato di registrare le posizioni specifiche della polizia nazionale che non ho visto sullo schermo. Alla fine ho inviato una e-mail in versione Pdf non modificabile e una modificabile. Poi, qualche giorno dopo, la sotto direzione dell'anti-terrorismo mi ha chiesto di cancellare i nastri di sei telecamere che avevo citato nella mia relazione, quelle che hanno filmato l'attentato».

Le rivelazioni gettano benzina sul fuoco delle polemiche e alimentano grandi dubbi sulla gestione della sicurezza sulla Promenade des Anglais; in particolare sul perché è stato consentito a Mohamed Bouhleldi entrare più volte con il suo tir nei giorni precedenti la strage per effettuare sopralluoghi, fino alla sera della strage. Il quotidiano Libération aveva sollevato parecchi interrogativi sull’operato del governo sottolineando incongruenze nella ricostruzione e bugie.

Il governo francese ha subito contrattaccato alle accuse della responsabile per la videosorveglianza di Nizza. In una nota, il ministro dell'Interno, Bernard Cazeneuve, parla di “gravi accuse” e annuncia una querela per diffamazione.

Nei giorni scorsi era poi emerso che, secondo il settimanale Le Point, la coppia di albanesi sospettata di aver armato Mohamed Bouhlel era nota alla polizia francese: uno dei due, Artan H. - da ieri in custodia cautelare a Parigi insieme alla compagna Enkeledja e altri tre fiancheggiatori - era addirittura oggetto di un provvedimento di espulsione.

La coppia di albanesi è sospettata, in particolare, di aver fornito, attraverso un intermediario, Ramzi A, la pistola automatica usata dal killer contro gli agenti. In un verbale della polizia municipale rivelato da Le Point, è scritto che Artan H. venne fermato il 2 maggio scorso per una banale infrazione del codice stradale.

Ma la cosa più interessante è che nel documento ufficiale viene precisato nero su bianco che l'uomo nato il 30 gennaio 1978 in Albania era oggetto di un provvedimento di «riaccompagnamento alla frontiera», vale a dire una procedura di espulsione per presenza irregolare sul territorio francese. E però, lamenta una fonte vicina alla polizia municipale, la stessa che ha fornito il documento al giornale, viene lasciato libero di andare senza che si proceda all'espulsione. «Perché?», si chiede Le Point. Una domanda che contribuirà a riaccendere nuove polemiche sulla sicurezza.

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