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Strage di disabili in Giappone

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19 accoltellati a morte

Strage di disabili in Giappone

TOKYO - «Penso che sia meglio che i disabili spariscano». Con questa orribile motivazione un ragazzo giapponese disoccupato di 26 anni, Satoshi Uematsu, ha spiegato la follia criminale che l’ha portato a uccidere almeno 19 persone e ferirne altre 29 con una serie di coltelli. Nella notte è penetrato in una struttura per disabili di Sagamihara, una cinquantina di chilometri a ovest di Tokyo e, una mezzora dopo aver compiuto la strage, si è presentato tranquillamente al posto di polizia di Tsukui alle 3 di notte.

Il ragazzo aveva lavorato dal dicembre 2012 allo scorso febbraio proprio nel centro Tsukui Yamayuri En, che è stato istituito dalla prefettura di Kanagawa e - gestito da una società no-profit - ospita circa 150 persone con disturbi mentali.
Le vittime, uomini e donne, hanno un età dai 19 ai 70 anni e una ventina di feriti versa in gravi condizioni.

Giappone,19 uccisi in centro disabili

Nessun legame con il terrorismo
Lo stesso portavoce del governo Suga è dovuto intervenire per rassicurare la popolazione sul fatto che non risulta alcun legame con il terrorismo: pare proprio che il ragazzo abbia fatto tutto da solo. Il premier Shinzo Abe ha dichiarato che il governo farà di tutto per chiarire la dinamica di quanto accaduto. In Giappone non di rado succedono episodi di follia criminale, puniti a volte con la morte. Data la difficoltà di reperire armi da fuoco (la legislazione giapponese in proposito è molto rigida), di solito questi episodi si verificano con armi da taglio. Il precedente più grave risale al 2008, quando un ragazzo guidò un camioncino sulla folla nel quartiere di Akihabara, a Tokyo, e poi cercò di accoltellare i passanti: sette le vittime. Nel 2001 un uomo aveva ucciso a coltellate sette alunni di una scuola elementare di Ikeda, vicino a Osaka. Proprio settimana scorsa la polizia nazionale aveva diffuso i dati sulla criminalità nel primo semestre di quest’anno, da cui risulta un calo dei reati ai minimi del dopoguerra. Solo 5 dei 933 omicidi o tentati omicidi del 2015 ha registrato il coinvolgimento di armi da fuoco.

Se pure si è diffuso un piccolo sospiro di sollievo all’idea che non si sia trattato di terrorismo, lo shock è grande per quello che appare come il peggior massacro del dopoguerra, per di più su persone fragili e indifese e con modalità efferate.

Fatti e incongruenze
Secondo prime risultanze, è emerso che Uematsu aveva già espresso formalmente la volontà di uccidere i disabili. Il 19 febbraio corso era stato interrogato dalla polizia proprio perché il giorno prima aveva detto al personale del centro che avrebbe ucciso le persone con disabilità. Aveva anche cercato di consegnare addirittura al presidente della Camera Bassa un suo messaggio, in cui si sarebbe dichiarato pronto a uccidere i disabili con il consenso del governo. Era quindi stato sottoposto a un trattamento sanitario obbligatorio, dove era anche risultato positivo al test per la marijuana. Un dottore lo aveva poi dimesso dichiarando un miglioramento delle sue condizioni.

Resta a questo punto da capire se la strage potesse essere evitata. E non solo attraverso una sorveglianza del ragazzo. È stato riferito che nella struttura dovevano esser presenti otto membri del personale e una guardia di sicurezza: sembra incredibile che Uematsu possa aver colpito un numero tanto grande di persone senza che nessuno sia intervenuto o abbia dato almeno un allarme relativamente tempestivo.

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