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Spagna, la linea «flessibile» della Ue

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Europa

Spagna, la linea «flessibile» della Ue

  • –Luca Veronese

A Madrid sono sicuri che da Bruxelles oggi arriveranno solo buone notizie. Il governo di Mariano Rajoy ha lavorato con insistenza in queste settimane per convincere gli alleati europei che una multa alla Spagna, per non aver risanato il bilancio pubblico, sarebbe «controproducente per l’economia del Paese che si sta riprendendo e incomprensibile con tutte le emergenze che l’Unione deve affrontare e con tutto quello che sta succedendo in questi giorni», spiega un consigliere molto vicino al premier conservatore.

«La Commissione tornerà a occuparsi della situazione di bilancio di Spagna e Portogallo e prenderà in considerazione i passi diventati inevitabili dopo che il vertice dei ministri delle Finanze ha stabilito che i due Paesi non hanno adottato misure efficaci per ridurre il loro deficit eccessivo», ha detto ieri la portavoce dell’esecutivo comunitario, Margaritis Schinas. La Spagna - dopo otto anni consecutivi ben al di sopra del 3% del Pil stabilito dai trattati europei - aveva promesso di portare il deficit sotto controllo entro la fine di quest’anno ma sembra avviata a fallire l’obiettivo non solo nel 2016 ma anche nel 2017. Il Portogallo avrebbe già dovuto scendere sotto il 3% l’anno passato ed è invece rimasto al 4,4% del Pil nel 2015 e non ha dissolto i dubbi anche nel corso del 2016. Considerando questi numeri e le indicazioni del Consiglio, la Commissione sarà dunque chiamata oggi a multare i due Paesi iberici con una sanzione che può arrivare allo 0,2% del loro Pil: circa 2,16 miliardi di euro per Madrid e 358 milioni di euro per Lisbona.

Ma la Commissione può decidere, in particolari circostanze, di ridurre la sanzione e anche di cancellarla: e questo sembra l’orientamento prevalente. «È una vicenda molto intricata. Ma non credo che si arriverà a una sanzione dura: l’unica cosa certa infatti è che non ci sarà una sanzione dello 0,2% perché verranno considerati molti elementi di attenuazione e questo lascia molta discrezionalità», ha spiegato un funzionario Ue.

La Commissione è dunque di fronte a una scelta che non ha precedenti, mai dalla stesura delle regole di bilancio dell’Unione vent’anni fa un Paese è stato multato per deficit eccessivo, nonostante i parametri concordati siano stati superati ripetutamente da membri influenti come la Francia. La decisione della Commissione presenta inoltre molte implicazioni politiche e potrebbe segnare una svolta nella linea di rigore dell’Europa: il risanamento di bilancio da parte dei Paesi europei è necessario per tenere sotto controllo la spesa pubblica, dare credibilità all’Eurozona ed evitare ulteriori crisi di sistema; ma l’austerity imposta da Bruxelles ha alimentato in questi anni un forte sentimento antieuropeo in tutto il continente; e in molti, nei governi e nei think tank degli economisti, chiedono di allargare i margini alla spesa pubblica per dare impulso alla crescita economica.

Anche su queste considerazioni punta la Spagna per evitare la sanzione. Domenica scorsa - durante i lavori del G-20 in Cina che lo hanno spesso visto a colloquio con il commissario agli Affari economici Pierre Moscovici - il ministro dell’Economia spagnolo, Luis de Guindos, si è mostrato fiducioso sulla conclusione della procedura con una «multa zero», affermando che «tre Stati membri - Italia, Germania e Francia - hanno già detto che non appoggeranno alcuna sanzione». In precedenza lo stesso de Guindos non era stato tenero con Bruxelles: «Sarebbe davvero paradossale - aveva detto uscendo dal vertice dei ministri delle Finanze - che la Spagna, il Paese che più di tutti nell’Eurozona ha saputo cambiare e migliorare, dovesse pagare una sanzione. Negli ultimi quattro anni ci siamo impegnati profondamente nel risanamento e nelle riforme: eravamo il Paese più a rischio e ora cresciamo come nessun altro tra le grandi economie». Per rafforzare le sue parole e mostrare la buona volontà di Madrid, de Guindos era anche arrivato ad annunciare una manovra aggiuntiva che - tra tasse alle imprese, risparmi sugli interessi del debito, contrasto all’evasione e stretta sul budget dei ministeri - quasi dieci miliardi di euro.

La Spagna è senza governo in piene funzioni da quasi sette mesi: le elezioni generali di dicembre hanno consegnato al Paese un Parlamento frammentato e incapace di esprimere una qualsiasi maggioranza. Mentre anche il voto di fine giugno non sembra avere sbloccato i negoziati tra i partiti: le consultazioni avviate ieri da re Filippo VI rischiano infatti di riproporre le schermaglie e i veti incrociati già noti tra Partito popolare, Partito socialista, Podemos e Ciudadanos.

La Commissione oggi potrebbe inoltre decidere di concedere alla Spagna due anni in più, fino alla fine del 2018, per riportare il deficit sotto il 3% del pil. Mentre al Portogallo dovrebbe essere accordato un anno in più, fino alla fine del 2016. E per aumentare la pressione sui governi iberici, Bruxelles potrebbe minacciare il blocco dei fondi strutturali fino a quando non verranno introdotte misure efficaci di risanamento. Se ne discuterà a settembre. Ma anche dopo la pausa estiva non sarà facile spiegare il senso di una misura che, mentre l’Unione si concentra sulla crescita, sospenderebbe le risorse destinate a sostenere la spesa in infrastrutture e l’occupazione giovanile di Spagna e Portogallo.

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