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Fed, rialzo tassi entro l’anno. Calo dei rischi nel breve per…

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Fed, rialzo tassi entro l’anno. Calo dei rischi nel breve per l’economia Usa

Foto Pa
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È un po’ il ritorno alla normalità. Dopo i timori di giugno sull’andamento del mercato del lavoro americano; dopo gli allarmi sul Brexit e i suoi effetti, che si stanno rilevando limitati almeno all’esterno della Gran Bretagna; dopo il G-20 di Chengdu e il suo richiamo a una crescita inclusiva; dopo - proprio nella stessa mattinata - l’annuncio di un nuovo megapiano di stimolo fiscale in Giappone, la Fed fa un passo nella direzione opposta. Non alza i tassi - anche se il “falco” Esther L. George è tornata, come ad aprile, a chiedere un rialzo - ma lascia la porta aperta a un ritocco del costo ufficiale del credito entro la fine dell’anno.

La frase chiave, richiamata giustamente da tutti, è proprio quella sui «rischi di breve termine sulle prospettive economiche» che «sono diminuiti»; ma anche l’indicazione di una crescita «forte» delle spese delle famiglie ha una sua importanza. Manca qualunque riferimento a Brexit - che effettivamente sarebbe stato fuori luogo, per gli Usa - mentre l’accenno agli «sviluppi internazionali» è rimasto identico a quelli dei mesi scorsi.

È un po’ poco, per plasmare aspettative solide. Il contesto globale avrebbe richiesto una comunicazione meno reticente, e non si può non ricordare che una simile riluttanza a fornire indicazioni sul futuro è arrivata dalla Banca centrale europea nella sua riunione della settimana scorsa. Ma se nel caso di Eurolandia si può invocare, per spiegare l’atteggiamento della Bce, l’incertezza radicale - irriducibile a una probabilità - che domina l’attuale situazione economica, nel caso degli Usa l’indicazione va addirittura nel senso opposto: «i rischi», cioè appunto le probabilità, sono diminuiti.

Le prospettive della politica monetaria Usa diventano ancora, e paradossalmente, più incerte se si pensa che mancano ancora all’appello due elementi importanti che potrebbero giustificare - alla luce delle stesse indicazioni della Fed - la ripresa della stretta: salari e investimenti. I governatori Usa hanno puntato molto - pur in assenza in realtà di conferme empiriche - sulla curva di Phillips, sulla possibilità che l’aumento dell’occupazione faccia salire i salari e quindi l’inflazione.

Un cauto via libera a un dollaro più forte

Di una ripresa delle retribuzioni nel comunicato non si parla, però (e questo lascerebbe pensare a un rialzo non immediato, più verosimile a dicembre che a settembre). Le spese per investimenti, intanto, restano «deboli», «soft» ; eppure tutto lo sforzo della politica monetaria, non solo negli Usa, punta a una ripresa, comunque difficile da ottenere, degli acquisti di beni capitali.

Un solo elemento, forse, può sciogliere i molti dubbi creati dal comunicato Fed. È caduto ogni riferimento al «freno» posto dalle esportazioni nette, un riferimento che suonava come un monito a non far rafforzare il dollaro. Il comunicato allora può essere letto con un cautissimo via libera a un lento apprezzamento del dollaro e un deprezzamento di euro e yen, che non poteva certo essere annunciato in modo più chiaro per evitare turbolenze . È un’ipotesi forte, che solo gli sviluppi delle prossime settimane potranno verificare.

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