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Arrestato un siriano, indagati 3 imam

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Medio Oriente

Arrestato un siriano, indagati 3 imam

  • –Marzio Bartoloni

Lunedì l’espulsione di un pachistano pronto al martirio nel nome dell’Isis. Ieri l’arresto di un siriano intenzionato a raggiungere il suo Paese e a farsi saltare in aria pur di liberare la Siria dal regime di Assad. Oltre al suo arresto ci sono anche sei indagati, tra cui tre imam di Genova che lo avrebbero plagiato. Cresce l’allarme terrorismo in Italia proprio mentre l’Isis torna a minacciare il nostro Paese («Arriveremo a Roma» dicono in un video appena diffuso che ritrae piazza Navona) e si discute di un possibile appoggio dell’Italia all’intervento Usa in Libia per fermare il Califfato. Un innalzamento del livello di allarme che ha fatto scattare a Roma un giro di vite sui controlli nelle aree più a rischio: dal Colosseo al Vaticano.

A fermare il giovane Mahmoud Jrad, siriano di 23 anni residente a Varese, che voleva andare in Siria e unirsi alle fila di Jabat al Nusra, il gruppo estremista islamico di origine quaedista, è stata la procura distrettuale antiterrorismo di Genova che lo ha arrestato e ha indagato altre sei persone: il fratello più giovane, tre imam (un albanese e due marocchini) e due marocchini che frequentavano le moschee salafite. L’accusa è di associazione e arruolamento con finalità di terrorismo.

Il fermo è scattato perché Jrad e suo fratello erano pronti a partire. Gli investigatori della Digos, coordinati dal pm Federico Manotti, lo avevano intercettato mentre si informava sui costi per raggiungere la Siria e dopo avere ottenuto il visto per la Turchia. Mahmoud e suo fratello dovevano raggiungere Ancona da Varese con l’auto e imbarcarsi per la Grecia, poi verso la Turchia e infine in Siria. Mahmoud è arrivato a Varese nel 2012 per ricongiungersi con la sua famiglia: padre, madre e sette fratelli. Ma non riesce a integrarsi completamente e si avvicina sempre più ai salafiti che, secondo gli inquirenti lo indirizzano proprio a Genova. Prima parte per la Siria nel 2015, poi torna e inizia a viaggiare verso la Liguria. Nel capoluogo ligure incontra tre imam più radicalizzati. In particolare un imam albanese, perno dell’inchiesta, che predica nel centro storico: è lui, sospettano gli inquirenti, che potrebbe indirizzare i giovani verso i contatti giusti in Siria. È lui che viene contattato dai tre libici arrestati nel porto genovese mentre sbarcavano da un traghetto proveniente dalla Tunisia con documenti di dubbia provenienza.

Il ministro dell’Interno Angelino Alfano parla di un «successo investigativo di alto livello realizzato grazie alle norme antiterrorismo che in Italia funzionano». Mentre il collega alla Giustizia, Andrea Orlando, in un’audizione ha indicato in 345 i detenuti «interessati dal fenomeno della radicalizzazione in carcere», di questi 93 sono quelli più a rischio.

Ieri sono emersi anche nuovi dettagli sul giovane pakistano espulso dal Tribunale di Torino e residente a Vaprio d’Adda nel milanese, con l’accusa di essere un «aspirante combattente» dell’Isis. Farooq Aftab, 26 anni, per diversi anni ha giocato nei Kingsgrove Milano e anche nella nazionale italiana giovanile di cricket ed è stato difeso dai familiari e anche dai suoi ex compagni di squadra come «un esempio di integrazione». Aftab in un video postato prima di imbarcarsi per Islamabad ha parlato di ingiustizia: «Volevo stare in Italia. Avevo famiglia, mia moglie. Non mi sento di tornare in Pakistan».

Nella Capitale intanto si intensifica i controlli di sicurezza. Tra le misure dell’ordinanza del Questore di Roma Nicolò D’Angelo c’è innanzitutto l’estensione dell’area di massima sicurezza attorno alla basilica di San Pietro anche ai Bastioni di Michelangelo. Zona di massima sicurezza anche attorno al Colosseo, con varchi controllati dalle forze dell’ordine e da metal detector. Sorvegliata speciale anche via del Corso e altri obiettivi religiosi in periferia, così come i centri commerciali e i luoghi di ritrovo della movida romana.

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