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Fuga da Trump: aumentano le defezioni repubblicane. Nel partito…

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Mentre il candidato arretra nei sondaggi

Fuga da Trump: aumentano le defezioni repubblicane. Nel partito spuntano voci di una sostituzione

Afp
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Secondo l'ultimo sondaggio di Fox News è crollo nel gradimento degli americani per Donald Trump, staccato di ben 10 punti da Hillary Clinton. Col tycoon infatti si schiera il 40% degli elettori, contro il 50% che sostiene la candidata democratica. Altri sondaggi mostrano come la candidata democratica sia nettamente in vantaggio in tre stati chiave per la vittoria dell'8 novembre. In New Hampshire Hillary ha un vantaggio di 15 punti (47 a 32), in Pennsylvania di 11 punti (49 a 38) e in Michigan di 9 punti (41 a 32).

NEW YORK - Meg Whitman. Richard Hanna. Vale a dire un amministratore delegato - di Hewlett Packard - di provatissima fede repubblicana che per il partito ha raccolto grandi somme e nel 2010 si era candidata a governatore della California. E un deputato di lunga data eletto nello stato di New York. E poi ecco ex alti consiglieri di Jeb Bush e Mitt Romney, cioè di un ex rivale e di un notabile che l'ha denunciato dalla prima ora, come anche però passati luogotenenti di Chris Christie, il governatore del New Jersey ad oggi responsabile della sua squadra di transizione se eletto. E ancora esponenti di comitati di partito in contee cruciali di uno stato cruciale quale la Pennsylvania.

È questo lo stillicidio di defezioni, che minaccia sempre più di trasformarsi in un esodo, dalla campagna del controverso candidato repubblicano Donald Trump. Una fuga che preoccupa seriamente il partito e gli stessi stretti collaboratori del candidato: Newt Gingrich, già rivoluzionario repubblicano e oggi allineato con Trump, ha detto che deve cambiare subito registro -«elevare la sua corsa»- se non vuole che la campagna affondi. E la rete televisiva Abc ha rivelato che tra i funzionari del partito comincia a essere discusso persino se e come è possibile gestire uno scenario che veda Trump farsi da parte ed essere sostituito.

Whitman, nello schiaffo finora più sonoro e di più alto profilo, ha dato apertamente il suo voto alla democratica Hillary Clinton piuttosto che a Trump. «La demagogia di Trump ha minato il tessuto stesso del nostro carattere come nazione», ha accusato, mettendo alla berlina l'ignoranza e l'irresponsabilità esibite dal candidato su economia, immigrazione e politica estera. Hanna, che a fine anno tornerà a vita privata, non ha a sua volta lesinato le critiche: «Per me non è più abbastanza ripudiare le sue dichiarazioni. È inadatto a servire il nostro partito e a guidare il Paese. Non sono d'accordo su molte questioni con Hillary Clinton, ma voterò per lei».

La fughe dalle contee in Pennsylvania, che Trump ha promesso di conquistare sulla strada della Casa Bianca, si moltiplicano lontano dai riflettori. Sotto i riflettori della Cnn si è invece consumata la rottura di Sally Bradshaw, che è stata top adviser di Jeb Bush, e ha detto che a questo punto si è dimessa del tutto dal partito repubblicano e a sua volta voterà per Clinton. Maria Comella, in passato stretta collaboratrice di Chris Christie, ha anche lei dato il suo assenso a Clinton. Brian Jones, veterano ex stratega di Mitt Romney durante la campagna presidenziale del 2012 e anche molto vicino all'influente senatore John McCain, ha lamentato che Trump «dovrebbe essere impegnato a vincere un'elezione, non a scatenare risse con tutti, anche chi lo sosterrebbe».

Ancora nelle ultime ore Trump ha rifiutato platealmente di appoggiare lo speaker repubblicano della Camera Paul Ryan nelle sue primarie. Ryan aveva titubato durante le primarie presidenziali ritardando una dichiarazione di sostegno a Trump, che ora ha deciso di ripagarlo non solo con la stessa moneta ma con le stesse parole: «Non sono ancora pronto», ha detto ripetendo l'espressione allora usata da Ryan. Una scelta tacciata di ripicca puerile e che ha visto persino il suo candidato alla vicepresidenza prendere le distanze: Mike Pence ha espresso il suo sostegno allo speaker.

Trump evita anche di sostenere McCain al Senato dopo aver messo in dubbio il suo eroismo nella guerra del Vietnam. McCain, pur senza scaricarlo, è stato tra i più duri a condannare la recente vendetta inscenata da Trump contro la famiglia di un capitano musulmano-americano caduto eroicamente in Afghanistan che ha parlato alla Convention democratica. «Avere la nomination non gli dà il diritto di denigrare i migliori tra noi», ha detto sferzante il senatore dell'Arizona.
Trump, però non molla, né pare intenzionato a cambiare. Anzi, esibisce sicurezza di sé : «Anche se non mi sopportate, se pensate che sia il peggiore, voterete per me» ha assicurato in questi giorni in Virginia.

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