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La Libia divide la politica italiana

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La Libia divide la politica italiana

  • –Gerardo Pelosi

I raid (finora nove in tre giorni) dell’aviazione Usa contro le forze di Daesh a Sirte e l’eventuale collaborazione (ancora non richiesta) con l’uso di basi come quella siciliana di Sigonella lasciano ancora in secondo piano e senza vere risposte le strategie globali della coalizione anti Isis sui rapporti con il generale Haftar di Tobruk, il controllo dei flussi di migranti e, più in generale, la definitiva stabilizzazione della Libia. Pur senza replicare alcuni dei tragici errori del 2011, c’è il rischio che i raid “chirurgici” su Sirte possano coalizzare parti della società libica preoccupate per la presenza di forze occidentali nel Paese a cominciare da Tobruk che, insieme all’Egitto di Al Sisi, ritiene, a torto o a ragione, di avere il monopolio del contrasto all’Isis su base regionale.

Un dibattito, questo, che resta ancora troppo sullo sfondo mentre in Italia non si placa la polemica politica, per iniziativa del Movimento cinque stelle e di Rifondazione comunista, sull’utilizzo delle basi di Sigonella e Aviano che gli Stati Uniti potrebbero chiedere. Ieri i sottosegretari alla Difesa, Domenico Rossi e agli Esteri, Vincenzo Amendola, parlando alle commissioni riunite Esteri e Difesa di Camera e Senato hanno sostanzialmente ribadito la posizione del Governo che è favorevole alla concessione delle basi qualora venisse richiesto e se fosse ritenuto essenziale per il successo delle operazioni aeree. Tuttavia, ha chiarito il sottosegretario Rossi (ex generale di corpo d’armata) «sapere dove, quando e quali basi saranno utilizzate è impossibile e non ipotizzabile, vista la variabilità delle situazioni che devono essere esaminate». Rossi ha chiarito che «non c’è una richiesta specifica» sulla basi anche se in questa fase «si fanno delle pianificazioni che poi danno luogo all’individuazione delle esigenze».

Analoghe le dichiarazioni del sottosegretario agli Esteri, Amendola secondo il quale «le operazioni militari interesseranno la sola area di Sirte e saranno limitate nel tempo. È escluso che a esse si accompagni un intervento di terra che non sia logistico e tecnico». Amendola ha ricordato che «l’Italia è stata informata con congruo anticipo dagli Stati Uniti circa l’avvio delle operazioni e i loro obiettivi, ricevendo assicurazioni sull’impegno americano ad adottare precise precauzioni per evitare eventuali danni collaterali». Un’evoluzione della lotta all’Isis che, ha precisato Amendola, «noi consideriamo come positiva sia sul piano politico che su quello militare».

Il sottosegretario Rossi ha anche posto l’accento sull’impegno del Governo di «correlarsi e confrontarsi con il Parlamento su questi temi». Ma il Movimento Cinque stelle ha abbandonato l’aula per l’assenza dei ministri in Parlamento. Il vice presidente della Camera, Luigi Di Maio ha perfino paventato il rischio di «attentati nel nostro Paese» legati alla disponibilità all’uso delle basi italiane: «Bombardare la Libia significa non proteggere il popolo italiano», ha detto Di Maio. Critiche anche da Rifondazione comunista e Partito comunista italiano che oggi pomeriggio terranno davanti a Montecitorio un presidio «contro la guerra in Libia».

Anche il Libia i raid vengono criticati da parte delle forze vicine al generale Haftar di Tobruk. «I raid Usa a Sirte sono illegittimi e politici e sono propaganda per la Clinton alle elezioni americane, ma anche propaganda per il governo di unità nazionale libico di Sarraj», ha affermato Ahmed al Mismari, portavoce del generale Khalifa Haftar.

Di tutt’altro parere le milizie che stanno liberando Sirte dall’Isis. «Siamo favorevoli all’uso delle basi aeree italiane e saremmo molto felici se Roma prendesse una decisione in tal senso e le mettesse a disposizione nell’azione degli Usa contro Daesh a Sirte», ha dichiarato il generale Mohamed al Ghasri.

Nel frattempo le Nazioni Unite e i Paesi occidentali stanno già pianificando la loro presenza diplomatica a Tripoli dove non si stanno registrando eccessivi problemi di sicurezza. Entro la fine di settembre circa 140 “Gurka” nepalesi arriveranno a Tripoli per garantire il successivo insediamento degli uffici dell’inviato Onu Martin Kobler. A seguire anche altri Paesi Ue, tra i quali l’Italia, potranno cominciare ad organizzare la loro presenza diplomatica nella capitale libica.

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