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Più potere ai militari in Thailandia

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Lo scenario

Più potere ai militari in Thailandia

La ventesima Costituzione varata dalla Thailandia nella sua storia non segna passi avanti nel percorso democratico del Paese, anzi. Scritta dalla giunta militare salita al potere con il golpe che ha spodestato Yingluck Shinawatra nel 2014, la nuova Carta rafforza la presa dei militari ed è stata approvata con un referendum che si è svolto in un clima a dir poco controverso.

La consultazione si è tenuta domenica. I sì alla nuova Costituzione hanno superato il 61%, i no si sono fermati sotto il 39% (i risultati ufficiali si conosceranno solo tra qualche giorno). Alle urne è andato il 55% dei 50,2 milioni di aventi diritto, contro l’80% pronosticato dall’Esecutivo. Nei mesi precedenti al voto, decine di attivisti del fronte del no sono stati arrestati - suscitando le proteste delle organizzazioni internazionali per i diritti umani - e l’informazione sul quesito è stata dominata dagli esponenti del Governo e dai loro sostenitori, che sono arrivati a promettere in modo velato il ritorno del Paese alle urne per eleggere un nuovo Parlamento entro un anno, in caso di vittoria del sì.

Previste per il 2015, le elezioni sono slittate alla fine del 2017, appunto, ma la Costituzione lascia ai generali 5 anni di tempo prima di restituire il potere alle istituzioni civili. Il Senato, inoltre, non sarà più elettivo, ma nominato e di fatto sotto il controllo dei militari, che hanno già realizzato 12 colpi di Stato dal 1932.

La Costituzione vincola poi i partiti a rispettare il ventennale piano di sviluppo varato dall’attuale Governo, limitando così fortemente i prossimi Esecutivi. Secondo Paul Chambers, dell’Institute of Southeast asian affairs, la giunta «sta usando lo stesso processo democratico per rafforzare il regime autoritario. È l’abisso della democrazia thailandese».

L’obiettivo della Carta, dietro la promessa di liberare la Thailandia dalla corruzione e riportare la stabilità, è impedire l’ennesimo ritorno al potere del magnate populista ed ex premier Thaksin Shinawatra, fratello di Yingluck, a sua volta spodestato da un golpe nel 2006 e attualmente in esilio volontario. I partiti a lui legati hanno vinto tutte le elezioni tenutesi nel Paese dal 2001 in poi.

Nel frattempo, la seconda economia del Sud-est asiatico marcia a ritmi inferiori al proprio potenziale. L’anno scorso, il Pil è salito del 2,8%, nel 2014 dello 0,8%. Proprio ieri, la Banca centrale ha affermato che quest’anno potrebbe crescere del 3,1%. Durante il 2015, tuttavia, tanto la Banca centrale quanto il Governo sono stati più volte costretti a rivedere al ribasso previsioni più alte, che si sono rivelate troppo ottimistiche.

Intanto, secondo Standard & Poor’s, il referendum riduce in misura modesta» l’incertezza politica, che resta «significativa». All’indomani del voto, il bath si è leggermente rafforzato sul dollaro e la Borsa di Bangkok ha guadagnato l’1,2%.

g.didon@ilsole24ore.com

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