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Trump-shock, chi ha armi potrebbe fermare Hillary

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Trump-shock, chi ha armi potrebbe fermare Hillary

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NEW YORK- Sulla campagna elettorale di Donald Trump si è scatenato l’ennesimo putiferio. Durante un comizio a Wilmington, in North Carolina, ieri sera il candidato repubblicano ha invitato il «popolo del secondo emendamento», cioè i difensori del diritto a portare le armi, a trovare una qualche soluzione se Hillary Clinton venisse eletta e nominasse giudici alla Corte suprema che «essenzialmente vogliono abolire il secondo emendamento». Ecco, ha aggiunto Trump, «se riesce a scegliersi i giudici, non c’è niente più che possiate fare. Sebbene, forse, qualcosa può la gente del secondo emendamento, ma non so».

La frase, ambigua, è stata interpretata come un incitamento alla violenza. Priorities Usa, gruppo pro-Hillary, ha diffuso una e-mail nella quale sostiene che Trump «ha invitato qualcuno a sparare alla Clinton». Per il capo della campagna della candidata democratica «Trump dice cose pericolose. Una persona che cerca di essere presidente degli Stati Uniti non dovrebbe suggerire in alcun modo la violenza». Il responsabile della campagna di Trump, dal canto suo, ha negato questa interpretazione spiegando che il tycoon stava solo cercando di solleticare lo spirito dei sostenitori del secondo emendamento. Che, ha aggiunto, a novembre andranno in massa alle urne per votare Donald Trump.

La gaffe del North Carolina ha chiuso una giornata decisamente nera per il candidato repubblicano che ha visto ingrossarsi la lista delle defezioni nel partito. Le ultime parole, più calme, ragionate e scritte, di Donald Trump - quelle sul programma economico - non sono infatti bastate a Susan Collins. Né a un piccolo esercito di 50 veterani della sicurezza nazionale e della politica estera repubblicana, da capi dei servizi segreti a rappresentanti commerciali. Nelle ore successive al lancio del suo piano economico, che doveva restituire una patina di rispettabilità a una campagna più abituata agli assalti che alle proposte, Trump ha perso un’altra dose di credibilità, almeno nellìestablishment conservatore e neocon.

Collins, rispettato senatore moderato del Maine e tra le più influenti esponenti donna del partito repubblicano grazie alla presidenza della Commissione Sicurezza in Congresso, ha preso carta e penna e in una presa di posizione pubblicata dal quotidiano della politica per eccellenza, il Washington Post, ha ripudiato Trump. Ha detto che non voterà mai per lui, definendolo un personaggio «crudele» e «indegno» della Casa Bianca, che renderebbe «il mondo più pericoloso». Colpevole anche di un peccato imperdonabile quale è l’abuso del proprio potere ai danni di «chi è vulnerabile, infiammando pregiudizi con l’attacco a minoranze etniche e religiose».

La lettera dei 50 “disertori” nella sicurezza nazionale e in politica estera non brucia meno per Trump. Viene apostrofato come una minaccia; come, se fosse eletto, «il più irresponsabile presidente» nella storia americana. «Gli mancano il carattere, i valori e l’esperienza», hanno scritto. «Sembra che non conosca e non creda negli aspetti fondamentali della Costituzione». I firmatari vantano seria esperienza di governo in amministrazioni repubblicane che hanno fatto storia, da Ronald Reagan a George W. Bush. Tra i firmatari si contano Robert Zoellick, ex ministro del Commercio estero e Thomas Hayden, già al comando della Cia; Tom Ridge e Michael Chertoff, a capo della Homeland Security e il primo direttore nazionale dell’Intelligence ed ex vice Segretario di Stato, John Negroponte.

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