Roma - È una battuta d’arresto in parte annunciata quella del Pil del secondo trimestre comunicata ieri dall’Istat. La variazione congiunturale zero (+0,7% il tendenziale), calcolata su valori concatenati e al netto degli effetti del calendario, arriva infatti a pochi giorni dai dati negativi della produzione industriale (-0,4% a giugno su maggio e -1% sull’anno) e dopo l’ultima nota mensile della stessa Istat che recava con sé un segnale negativo dall’indicatore composito anticipatore. Ma valori non positivi sull’evoluzione del ciclo erano arrivati ancor prima dall’indicatore Ita-coin prodotto dalla Banca d’Italia, passato in territorio negativo nei mesi di maggio e giugno (-0,04 e -0,08).
Per conoscere il movimento delle componenti sul lato delle risorse e su quello degli impieghi che hanno portato alla variazione zero comunicata ieri bisognerà aspettare la nota Istat del 2 settembre. La stima preliminare sul secondo trimestre, caratterizzato da un giorno lavorativo in più sia rispetto al trimestre precedente sia rispetto al secondo trimestre del 2015, si limita a segnalare che la variazione zero è la sintesi di un aumento del valore aggiunto nei comparti dell’agricoltura e dei servizi e di una diminuzione in quello dell’industria. Mentre dal lato della domanda c’è un «lieve contributo negativo della componente nazionale (al lordo delle scorte), compensato da un apporto positivo della componente estera netta». Per trovare un trimestre piatto bisogna risalire al secondo del 2007, mentre il secondo e terzo trimestre del 2014 avevano fatto segnare un -0,1%.
Alla luce dei dati di ieri la variazione acquisita del Pil è pari allo 0,6%, un dato che coincide con la crescita del prodotto interno in caso di invarianza negli ultimi due trimestri dell’anno. Si tratta di un valore indicato nelle ultime previsioni Ref di fine luglio, mentre l’Ufficio parlamentare di Bilancio nelle sue ultime stime realizzate con il modello a breve ha indicato un Pil di fine anno al di sotto dell’1% (con una previsione però dello 0,2% nel secondo trimestre e dello 0,1% nel terzo). La stima del Governo contenuta nel Def dello scorso aprile, vale ricordarlo, indica una crescita tendenziale per il 2016 dell’1,2%.
Nel secondo trimestre dell’anno, un periodo che si è concluso prima che si scatenassero esogene come Brexit o il mancato golpe turco, il Pil è aumentato in termini congiunturali dello 0,6% nel Regno Unito e dello 0,3% negli Stati Uniti, dello 0,4% la Germania, mentre ha segnato una variazione nulla solo in Francia. In termini tendenziali, si è registrato un aumento del 2,2% nel Regno Unito, dell’1,4% in Francia e dell’1,2% negli Stati Uniti. Nel complesso, secondo la stima diffusa il 29 luglio scorso e confermata ieri da Eurostat, il Pil dei paesi dell’area Euro è aumentato dello 0,3% rispetto al trimestre precedente e dell’1,6% nel confronto con lo stesso trimestre del 2015.
Diversi osservatori (Andrea Goldstein per Nomisma, Fedele De Novellis per Ref., Lorenzo Codogno per European economic notebook) hanno indicato nel rallentamento globale dell’economia una delle determinanti cruciali dell’indebolimento del ciclo economico nazionale. E proprio ieri dal Fondo monetario internazionale è arrivata la conferma che l’economia cinese continua la sua transizione, complessa e piena di sfide, verso una crescita più sostenibile e moderata. Dopo una crescita del 6,9% nel 2015, il Pil rallenterà quest’anno al 6,6% e nel 2017 è stimato crescere del 6,2%.
Tornando alla nota Istat di ieri, non sono da segnalare revisioni sulle precedenti stime 2016 e 2015. Il 23 settembre saranno diffusi i dati sui conti nazionali 2015, mentre entro il 27 sono attese le nuove previsioni macroeconomiche del Governo nella Nota di aggiornamento al Def.