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Carceri, misure «anti-radicalizzazione»

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Carceri, misure «anti-radicalizzazione»

  • –Manuela Perrone

ROMA

Un piano più articolato contro le radicalizzazioni, soprattutto ma non solo nelle carceri, in tandem con il ministero della Giustizia. E le ultime limature al decreto sulla sicurezza urbana, atteso da mesi dai comuni ma mai approdato ancora in Consiglio dei ministri, che dovrebbe rafforzare i poteri dei sindaci. All’indomani del tradizionale appuntamento di Ferragosto in cui il ministro dell’Interno Angelino Alfano ha snocciolato i dati su un anno di attività, sono questi i due fronti su cui il Viminale sta concentrando l’attenzione in vista della ripresa.

A un mese dalla strage di Nizza ci si muove con molta cautela. Alfano ha rivendicato lo «sforzo immane» messo in campo nel nostro Paese, che ha permesso di arrestare 85 estremisti, espellere 109 persone, monitorare 110 foreign fighters e controllare oltre 164mila individui. Finora il sistema «ha retto» e l’Italia può ritenersi «sicura», ma si cammina sulle uova. «Il rischio zero non esiste», ha ripetuto il ministro. Sulla stessa lunghezza d’onda il Guardasigilli Andrea Orlando, secondo cui «il nostro modello fin qui ha funzionato», complici le politiche di integrazione e «il vantaggio di non avere le generazioni che si sono manifestate più sensibili alla radicalizzazione in altri Paesi dove l’immigrazione è iniziata prima».

Preoccupa, alla luce delle storie dei protagonisti delle stragi in Francia, il fenomeno della radicalizzazione, il repentino spostamento di giovani musulmani su posizioni estreme. «Il rischio nelle carceri c’è», ha sottolineato Alfano. «Non parlerei di dati allarmanti», ha spiegato Orlando ricordando le cifre, già comunicate il 3 agosto in audizione alla commissione Schengen. Su 7.500 detenuti che professano la religione musulmana, sono 345 quelli interessati da possibili radicalizzazioni (spesso in carcere per reati comuni), di cui 153 più allarmanti: tra loro i 99 che hanno “festeggiato” in occasione degli attentati di Parigi, del Belgio e di Dacca e i 39 sottoposti al regime detentivo di alta sicurezza perché imputati per reati di terrorismo.

«Stiamo tentando di espiantare il germe dal carcere», ha detto Alfano. Come? Di un programma antiradicalizzazione si era cominciato a parlare in primavera, contemplando anche l’ingresso in alcuni istituti di pena di «imam moderati» selezionati grazie a un protocollo siglato dal Viminale con l’Ucoii, l’Unione delle comunità islamiche italiane. Neanche una decina gli imam coinvolti da allora, e ora quelle scelte saranno aggiornate. «Devono essere accreditati con molta accuratezza e vogliamo che parlino italiano», spiega il viceministro dell’Interno Filippo Bubbico. «L’obiettivo dell’iniziativa è evitare che si crei esclusione e marginalizzazione di chi non può praticare la propria fede. Più in generale, è cruciale la politica del rispetto: bisogna evitare che venga alimentato il giacimento di odio, rancore e rabbia».

Un «cantiere aperto», lo definisce Bubbico. Che poggia però su un cardine: il «monitoraggio pervasivo» per cogliere qualunque segnale di possibile radicalizzazione. «La crescita della barba, l’osservazione rigida e improvvisa dei precetti, discorsi insoliti», elenca Gennaro Migliore, sottosegretario alla Giustizia con delega al sistema carcerario, che oltre agli imam ricorda l’importanza della mediazione culturale dietro le sbarre. «Puntiamo a migliorare sempre di più il trattamento individualizzato», assicura. Quando emergono pericoli concreti, si provvede allo spostamento in altre carceri. Ma l’Italia - confermano dall’Interno e dalla Giustizia - non abbraccerà il modello francese delle “carceri speciali” per i radicalizzati, che non pare proprio aver funzionato. Si intensificherà invece la formazione degli agenti di polizia penitenziaria, indicati dall’Isis anche come potenziali bersagli: una circolare del 22 luglio della Giustizia ha invitato direzioni e servizi a sensibilizzarli per aiutarli a cogliere i segnali che possano far presagire «azioni delittuose».

È chiaro che non basta. Orlando ha invocato una Procura europea sulla sicurezza che faciliti lo scambio di informazioni tra Paesi. Alfano ha sollecitato al premier Matteo Renzi l’approdo in Cdm del decreto sicurezza urbana con più poteri ai sindaci e alla polizia locale. Il testo è praticamente pronto.

Non sono mancate le polemiche. Con il leader della Lega Matteo Salvini che attacca: «Alfano? Una macchietta. Su 350mila arrivati, 109 espulsi perché pericolosi... Risultatone!». E con qualcuno, come Calderoli e Daniela Santanché (Fi), che scambia il riferimento di Alfano al «capo del Lis» , i servizi segreti libici, con «il capo dell’Is». Ironizzano gli alfaniani: «È come confondere la mafia con la Dia: non ci meraviglieremo se gli capiterà di confondere i turisti in arrivo con i migranti».

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