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A Ventotene peseranno le agende interne

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A Ventotene peseranno le agende interne

Parleranno del futuro dell’Europa dopo la Brexit, di come rilanciare l’integrazione e affrontare insieme le grandi sfide che abbiamo di fronte: dal terrorismo alla crescita, dall’immigrazione agli investimenti. Ma lunedì a Ventotene sulla Garibaldi (prima portaerei della Marina Militare Italiana da quasi 30 anni in servizio) per motivi diversi Matteo Renzi, Angela Merkel e lo stesso presidente francese François Hollande penseranno ognuno soprattutto ai problemi di casa propria.

Renzi deve superare lo scoglio del referendum di novembre e lanciare messaggi rassicuranti sul piano dei conti pubblici e della riduzione fiscale. In Germania la Merkel ha l’arduo compito di marginalizzare i crescenti populismi e governare i massicci flussi migratori. In Francia, il Paese europeo più colpito dal terrorismo islamista, Hollande fa fatica a trasmettere all’elettorato segnali di ritrovata fiducia sulla sicurezza interna. Senza contare che nella primavera dell’anno prossimo si voterà in Francia per il presidente della Repubblica e, poco dopo, per il Parlamento. A fine estate saranno gli elettori tedeschi ad essere chiamati alle urne per eleggere Parlamento e cancelliere. Il tutto in un quadro geopolitico internazionale che muterà più o meno radicalmente a novembre di quest’anno con l’elezione del nuovo presidente Usa.

Scadenze elettorali o referendarie (come in Italia) in cui i cittadini esprimeranno le loro opinioni ma in cui riverseranno anche le loro paure più profonde. La scelta europea, il rilancio dei valori fondanti della casa comune di cui Ventotene è il luogo-simbolo forse non basteranno a neutralizzare le spinte populiste e ridare slancio al processo di integrazione. Renzi, Merkel e Hollande sanno benissimo che non c’è alternativa a un’Europa più forte che sappia affrontare da protagonista la globalizzazione internazionale ma sanno anche che i loro elettori hanno sempre meno fiducia nelle istituzioni europee. Per questo a Ventotene le decisioni sulla nuova Polizia di frontiera, sui nuovi assetti della Difesa, sulla crescita e l’occupazione giovanile rischiano di apparire passi in avanti tanto lenti quanto impercettibili e rischiano di scontrarsi contro il muro della diffidenza dei cittadini. Il vagone di testa franco-tedesco-italiano ha però l’obbligo di guidare la nuova Europa dei valori dopo l’uscita di Londra. Non saranno presenti a Ventotene né il presidente del Consiglio Ue Donald Tusk né quello della Commissione Jean-Claude Juncker che consulteranno tutti i leader Ue in vista del vertice a 27 di Bratislava del 16 settembre sulla Brexit. Tusk ieri sera ha già incontrato la cancelliera tedesca Angela Merkel a Berlino, mentre nelle prossime settimane proseguiranno gli incontri con gli altri capi di stato e di governo europei. Juncker invece è «in contatto telefonico costante» con i vari leader e e proseguirà le consultazioni nelle prossime settimane.

Poco credibile, infine, l’ipotesi di compensazioni e accordi tra i grandi Paesi Ue del nuovo direttorio a tre rilanciata dalla stampa britannica, segnatamente tra Italia e Germania. La tesi vedrebbe il premier italiano ottenere dalla Merkel il “disco verde” per una maggiore flessibilità sui conti pubblici che gli consenta una manovra utile a ridurre le tasse in vista del referendum di novembre in cambio di una posizione meno rigida sui tempi della Brexit, come suggerito dalla Merkel. “Renzi si salva la pelle con un accordo sulla Brexit” era il titolo del Times. Ma il ragionamento, peraltro già smentito alcuni giorni fa da Palazzo Chigi, non terrebbe conto di due elementi: quando si parla di flessibilità nei conti pubblici la Merkel rimanda sempre al negoziato con i servizi della Commissione e poi è difficile immaginare che la cancelliera abbia tutta questa necessità di contare sull’appoggio di Renzi per dare più tempo a Londra nel negoziato di uscita dalla Ue.

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