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Base iraniana ai russi, i dubbi degli Usa

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Medio Oriente

Base iraniana ai russi, i dubbi degli Usa

Nel secondo giorno di bombardamenti russi sulla Siria, effettuati ora a sorpresa da aerei decollati dall’Iran, Teheran precisa: Mosca non ha ottenuto dalla Repubblica islamica l’utilizzo della base militare di Hamadan in modo permanente. Parole del presidente del Parlamento iraniano, Ali Larijani, rivolte a un’opinione pubblica colpita dall’annuncio di martedì scorso: la Costituzione iraniana - ratificata dopo la Rivoluzione islamica del 1979 - vieta la concessione di basi a militari stranieri. Ma l’Iran, ha aggiunto Larijani, «coopera con la Russia in quanto nostro alleato sui fronti regionali, e in particolare in Siria».

Il parlamentare Alaeddin Boroujerdi, capo della commissione Sicurezza nazionale e politica estera, ha aggiunto che «quanto sta accadendo nella base di Nojeh (50 km a nord di Hamadan nell’Iran occidentale, ndr) avviene nel rispetto di un accordo di cooperazione quadrilaterale tra Iran, Russia, Siria e Iraq» nella campagna contro il terrorismo. E la base, scrive l’agenzia Irna citando Boroujerdi, «viene utilizzata per il rifornimento di carburante».

I caccia russi - riferisce da Mosca il ministero della Difesa - sono tornati ieri a colpire le postazioni dello Stato Islamico nella provincia siriana di Deir al-Zor, distruggendo due centri di comando e grandi campi di addestramento, «eliminando oltre 150 militanti». L’utilizzo della base iraniana da parte dei russi è stato definito dal portavoce del dipartimento di Stato americano Mark Toner come uno sviluppo «spiacevole», che potrebbe violare la risoluzione 2231 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che proibisce fornitura, vendita e trasferimento di aerei da combattimento all’Iran. La novità, precisano gli Stati Uniti, non aiuterà la cessazione delle ostilità in Siria. I legali del dipartimento di Stato studieranno la possibile violazione della risoluzione dell’Onu.

Nel mirino intanto continua a essere Aleppo, dal 2012 teatro di intensi combattimenti nella Siria settentrionale tra le formazioni ribelli e le forze governative di Bashar Assad, appoggiate dall’aviazione russa. È su Aleppo che russi e americani stanno concentrando gli sforzi per arrivare a concordare la cessazione delle ostilità. La prima vittima è la popolazione civile, intrappolata tra le macerie senza acqua né cibo: ogni giorno i bombardamenti fanno decine di vittime. Ad Aleppo c’è il rischio di «una catastrofe umanitaria senza precedenti», ha affermato ieri il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon nel suo ultimo rapporto al Consiglio di Sicurezza, esortando Usa e Russia a raggiungere rapidamente un accordo per il cessate il fuoco. Ma secondo Andrea Iacomini, portavoce dell’Unicef per l’Italia, la catastrofe è già in atto: nella città martoriata vivono 130mila bambini.

«La parola - ha detto Iacomini - deve passare a noi cittadini d’Europa e del mondo. Abbiamo assistito indifferenti all’ennesima città distrutta dai nostri egoismi, ora occorre fare di più».

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