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Omran, il bimbo che non piange e fa piangere il mondo

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le bombe ad aleppo

Omran, il bimbo che non piange e fa piangere il mondo

Reuters
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Anche i bambini di Aleppo, di notte, dovrebbero dormire e, magari, sognare.

Dovrebbero essere svegliati, al mattino, dalla voce dei genitori e alzarsi sentendosi ripetere che bisogna andare a scuola, è tardi.Ma i bambini di Aleppo dormono vestiti per paura delle bombe: si tengono pronti, anche se esserlo è impossibile. Mentre la stampa riporta che c'è stato un attacco aereo «nel cuore della notte», loro pregano che la notte abbia un cuore.Omran Daqneesh ha appena cinque anni, dimostra millenni.

È stato estratto dalle macerie e viene adagiato sul sedile di un’ambulanza. Sembra vivo, ma è come se non lo sapesse. Sembra vivo, ma è come se non gli importasse: aspetta di vedere vivi anche sua madre, suo padre, i suoi fratelli. Sembra vivo, ma non lo è: semplicemente è sopravvissuto, e la sopravvivenza è una delle cose più belle e più brutte che può capitare da quelle parti. Nessuno dei soccorritori ha tempo di parlargli per cercare di rassicurarlo: c’è ancora da scavare a mani nude, sotto le macerie ci sono altre persone.

Attorno il frastuono. Sul sedile Omran è pietrificato, come sono pietrificati i due bambini che vengono adagiati dopo di lui, con lui, nell’ambulanza. L’unico suo residuo d’infanzia – la sua T-shirt con lo stampo di un pupazzo – è coperto di sangue e polvere. Non piange nemmeno. Compie un unico gesto: toccandosi la fronte, si sporca di sangue e, spaventandosi, per non vederlo, cerca di cancellarlo strusciando la mano contro la stoffa del sedile.

Viene da chiedersi se il mondo abbia ancora l’istinto di Omran, se avverta ancora il bisogno di pulirsi dal sangue o se ci abbia fatto l’abitudine. Mentre il video viene trasmesso da tutti canali televisivi, preceduto dall’avvertimento «Le immagini che seguono potrebbero urtare la vostra sensibilità», viene da chiedersi se non sia tempo di correggere la dicitura con un’altra: «Ci si augura che le immagini che seguono urtino la vostra sensibilità. Ci si augura che faccia piangere un bambino a cui è stata tolta la possibilità di piangere».

L’immagine di Omran è straziante. Sono strazianti le immagini di tutti i bambini che attraversano la guerra e la guerra li attraversa. Smettiamo di chiamarli “simboli”. Restituiamoli alla loro dimensione umana e al loro vero significato: torniamo a chiamarli “creature”. È urgente ricordare che sono l’unico frutto della creazione: tutto il resto non si crea, si produce. L’anima e la pelle non possono essere considerate e trattate alla stregua di qualunque materiale.

Omran Daqneesh ha appena cinque anni, dimostra la vecchiaia del male.

Diventeranno adulti i bambini come lui. Da insensibili o frantumati, che società creeranno? Chi s’illude di poter tradurre tutto in termini di dominio e profitto, è così sicuro di saperne gestire in futuro i risultati?

Quello che abitiamo è ormai un mondo senza riposo. Forse, un giorno, per salvarci, ci servirà un sogno e non sapremo più farne uno.

Il bimbo di Aleppo scuote il mondo

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