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Siria: i curdi si ritirano, Ankara resta

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L’OFFENSIVA turca

Siria: i curdi si ritirano, Ankara resta

Tra le 13 persone rimaste uccise nel bombardamento di ieri su Aleppo ci sono anche dei bambini. Sospettate le forze filo-Assad (Foto Afp)
Tra le 13 persone rimaste uccise nel bombardamento di ieri su Aleppo ci sono anche dei bambini. Sospettate le forze filo-Assad (Foto Afp)

Mentre Mosca dà il via libera per una tregua di 48 ore ad Aleppo, dove ieri sono morti 11 bambini in un raid aereo effettuato da elicotteri governativi siriani, l’inviato speciale dell'Onu per la Siria Staffan de Mistura ha annunciato che le Nazioni Unite sono pronte a fornire assistenza umanitaria alla città siriana in qualsiasi momento, ma attende garanzie delle altre parti in conflitto. «Ci aspettiamo che gli altri facciano lo stesso ma noi siamo pronti. I camion sono pronti e possono partire non appena otteniamo una risposta» ha detto de Mistura. Una buona notizia mentre il capo di Stato maggiore russo, generale Valery Gerasimov, incontrerà oggi ad Ankara il suo omologo turco, generale Hulusi Akar e sul terreno si disegna una manovra a tenaglia che si sta configurando in Siria ed Iraq sotto le forze dei curdi siriani del Ypg da una parte, con obiettivo Raqqa, roccaforte dello stato islamico e dall’altra parte in Iraq, con le truppe di Baghdad e obiettivo Mosul. Se la manovra dovesse riuscire sarebbe un colpo fatale per l’Isis.

Le forze irachene hanno riconquistato la città di Qayyara, finora controllata dai jihadisti dello stato islamico. La liberazione della città, a 60 chilometri a sud di Mosul, potrebbe essere un primo passo verso la riconquista della città irachena, in mano all’Isis dalla metà del 2014.

Le Forze democratiche della Siria (Fds), alleanza curdo-araba sostenuta dagli Usa in funzione anti-Isis, hanno ripiegato sulla sponda orientale dell’Eufrate per preparare l’offensiva contro Raqqa, roccaforte dello Stato islamico in Siria. «Le Fds sono passate a est dell’Eufrate per preparare un’eventuale liberazione di Raqqa», ha reso noto un portavoce dell’Operazione Inherent Resolve, la missione a guida Usa avviata nell’ottobre 2014 a seguito dell’espansione dello Stato islamico in Iraq e Siria. Il portavoce ha chiarito che a Manbij, liberata di recente dall’Isis, restano «alcune forze» per completare, «come previsto», le operazioni nell’area e «rimuovere ordigni Ied».

GLI SCHIERAMENTI DEL CONFLITTO SIRIANO

Le Fds, di cui fanno parte i combattenti curdi delle Unità di protezione del popolo (Ypg), si erano spostate a ovest dell’Eufrate per l’operazione a Manbij, da dove i jihadisti dell’Isis sono fuggiti il 12 agosto dopo una furiosa battaglia con i combattenti delle “Forze democratiche della Siria” sostenuti dagli Usa.

La Turchia del presidente Erdogan però non tollera la presenza di combattenti Ypg cioè di curdi siriani sulla sponda occidentale del fiume. Ad Ankara il vice presidente americano, Joe Biden, ha detto ieri che le forze curde siriane devono ritirarsi a est del fiume escludendo «il sostegno americano» in caso contrario.

Il premier turco Binali Yildirim aveva precisato in tv che l’operazione “Scudo Eufrate”, lanciata mercoledì dalla Turchia per cacciare l’Isis dalla città di Jarablus, andrà avanti finché i curdi non si ritireranno a est dell’Eufrate. Alla fine i curdi siriani si sono ritirati oltre il fiume, ma i turchi sono rimasti a Jarablus, in Siria. Per Ankara, un rafforzamento dell’identità curda oltre confine potrebbe spingere la minoranza curda presente in Turchia ad aumentare le spinte indipendentiste.

Dal canto suo il leader del Pyd, Salih Muslim, ha inviato un tweet mercoledì, scrivendo che «la Turchia perderà molto nella palude della Siria». Il Pyde la sua ala armata rappresentata dallo Ypg sono considerati dagli Usa come i più validi alleati contro l’Isis. Una posizione che ha creato un forte contrasto con la Turchia che considera invece il Pyd/Ypg un gruppo terroristico alla pari del Pkk. Di certo da ieri per i curdi siriani andare a ovest dell’Eufrate è diventato una sorta di linea rossa invalicabile. Voluta da Ankara con la benedizione di Washington.

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