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La conferma che l’intervento pubblico è a misura di Ue

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L'Analisi|Europa

La conferma che l’intervento pubblico è a misura di Ue

Nonostante l’annuncio ufficiale da parte della commissaria alla Concorrenza, Margrethe Vestager, non c’è ancora una decisione scritta e adottata formalmente per il via libera della Commissione europea alla ricapitalizzazione della banca portoghese Caixa Geral de Depositos (Cgd) da parte dello Stato portoghese. Inoltre, lo Stato era già azionista dell’istituto in questione. Perciò può essere un azzardo ricavare da questo caso indicazioni che possano valere anche per le banche italiane. Qualche riflessione però si può fare. A differenza di quanto sommariamente è stato ripetuto nei mesi scorsi, le regole europee sugli aiuti di Stato non escludono a priori l’intervento pubblico nel capitale delle società, banche o altro che siano. «È la neutralità del diritto europeo rispetto alla proprietà delle aziende - ricorda Elisabetta Righini, legale di Latham & Watkins, esperta di aiuti di Stato - , un principio che discende dal trattato e che a sua volta tiene conto delle diverse tradizioni economiche degli Stati membri». Non è un caso che la Polonia stia lavorando per rinazionalizzare le principali istituzioni finanziarie del Paese privatizzate dopo l’apertura all’economia di mercato.

Dunque, l’intervento dello Stato nel capitale delle banche non è vietato dalle regole europee, ma deve rispettare alcuni criteri di cui quello fondamentale è che l’operazione avvenga in termini di mercato. Detto in altre parole, lo Stato (e quindi il contribuente) non può accollarsi un “prezzo” di cui nessun investitore privato vuole farsi carico.

In attesa della decisione scritta, dall’annuncio dell’accordo tra Bruxelles e Lisbona si può ricavare un’altra indicazione preziosa che non è del tutto sganciata dalla precedente. In modo apparentemente irrituale per una decisione di “non aiuto di Stato” vengono resi pubblici anche alcuni impegni assunti dall’azionista della banca e cioè dallo Stato. Impegni che, nel caso di aiuti di Stato compatibili, vengono definite «condizioni».

Il piano del governo portoghese che ha ottenuto il disco verde europeo prevede «l’avvio di una profonda razionalizzazione della banca» per tornare alla redditività nel lungo termine «attraverso un significativo taglio dei costi, l’aumento dell’efficienza e la riduzione dei rischi». Il tutto «supportato da nuove regole di corporate governance e da una squadra di manager di grande esperienza». Insomma, a casa chi ha provocato il disastro.

L’intervento pubblico evita il bail-in e i costi per gli obbligazionisti, ma produce altre conseguenze. È molto probabile che ad impedire l’intervento pubblico nel capitale di quelle banche italiane che sono in difficoltà non siano state le regole europee quanto piuttosto l’indisponibilità ad accettare “impegni” come quelli sottoscritti da Lisbona e resi pubblici da Bruxelles.

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