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«Impegno a una crescita inclusiva»

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Asia e Oceania

«Impegno a una crescita inclusiva»

  • –Rita Fatiguso

HANGZHOU

Il G20 della Cina si chiude con una magra raccolta di risutati politici. A partire dal nulla di fatto (è il secondo) sulla Siria, anche se a livello economico i Paesi rappresentati dal G20 trovano un accordo almeno sull’overcapacity.

Se cala il sipario su un evento che ha visto la città di Hanghzou impegnata in uno sforzo per la riuscita del Summit, il G20 della Cina politicamente chiude con risultati marginali, c’è ben poco oltre la facciata della ratifica anticipata dell’accordo di Parigi sul clima ad opera prima della Cina, seguita, a ruota, da Pechino.

Sabato scorso l’annuncio aveva messo le ali a un G20 imperniato - per volere della stessa Cina - soprattutto sulle riforme economiche globali. La minaccia dei missili della Corea de Nord che ne ha lanciati tre sulla Corea del Sud ha reso il clima ancora più difficile e teso.

Nulla da fare, di fatto Barack Obama e Vladimir Putin non sono riusciti a svoltare sulla Siria: il lungo faccia-a-faccia tra i due presidenti, a margine del vertice del G20 in Cina, non ha portato novità, la ragione - come ha spiegato lo stesso presidente americano - sta ancora una volta nella reciproca mancanza di fiducia.

Nonostante ciò Obama ha detto che entrambi hanno inviato le diplomazie americana e russa a procedere. Anzi, Obama ha detto che «devono fare in tempi stretti, altrimenti i risultati non si vedranno facilmente, la Siria non è questione che possa essere sbrigata in tempi lunghi».

Di positivo c’è che Obama ha invitato a riprendere la questione dell’Ucraina, ha detto che l’accordo sull’Ucraina è arrivato a un punto morto ma che «bisogna risvegliarlo». Un colloquio lungo un’ora e mezza dopo il dietro front sulla conferenza congiunta di ieri (il segretario di Stato John Kerry ha dovuto presentarsi da solo e per pochi minuti davanti ai giornalisti inseguito da un’orda di curiosi che l’hanno tampinato fino in sala stampa).

Sono tornati a galla i risentimenti sino-giapponesi, sui mari della Cina Xi Jinping ha invitato il premier giapponese Shinzo Abe a moderare e soppesare i toni, ma anche a pensare a una soluzione per la questione dei mari della Cina. Eppure, le diplomazie in questo caso lottavano per un secondo incontro a quattr’occhi, dopo quello di due anni fa all’Apec. Niente da fare nemmeno in questo caso, Tokio e Pechino sono ancora distanti sotto vari punti di vista.

In un avviso comune i Paesi del G20 hanno stabilito di impegnarsi per una crescita condivisa e inclusiva che favorisca l’innovazione e il benessere. Contro ogni tipo di concorrenza sleale sia con l’uso della moneta sia in altre forme e qui è nata l’idea di un forum mondiale per la cooperazione economica nascerà anche un Forum dell’acciaio, l’idea era venuta agli americani lanciata qui a Pechino durante il Dialogo sino americano, il Forum, gestito dall’Ocse, servirà a studiare l’eccesso di capacità nell’acciaio.

Certamente la situazione specifica di molti Paesi che versano in difficoltà politiche ed economiche, dalla Gran Bretagna della Brexit alla Turchia appena uscita da un golpe che, pure, cerca di tornare a galla e di districarsi nel ginepraio siriano, ha creato ulteriori problemi rendendo più complicata la costruzione di una nuova struttura multilaterale in grado di gestire la crescita mondiale. Era questa l’idea della Cina, ma per il momento bisognerà riparlarne. Come ha sottolineato il presidente Usa, «l’importante in certi temi è cominciare a parlarne e a rendere le decisioni operative». Ma la nascita di un nuovo WTO sotto altre spoglie è (semplicemente) rimandata.

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