È destinato ai Paesi della sponda Sud del Mediterraneo più di un terzo delle risorse che dovrebbe mobilitare il Piano per gli investimenti esteri approvato ieri dalla Commissione europea come parte del Migration Compact. Ribattezzato Piano per l’Africa, verrà presentato oggi nei dettagli a Strasburgo, insieme al raddoppio del Piano Juncker (si veda il Sole 24 Ore del 25 agosto), e punta ad affrontare alle radici le cause delle migrazioni, promuovendo gli investimenti nei Paesi di origine e soprattutto di transito dei migranti.
Impostato sul modello del Piano Juncker per gli investimenti nell’Ue, il Piano per l’Africa parte con una garanzia di 750 milioni assicurata dal bilancio Ue a cui si aggiungono i contributi degli Stati membri, delle istituzioni finanziarie e delle aziende private, per una dote iniziale complessiva di oltre 3 miliardi di euro. Grazie a un effetto leva di 10-11 volte la Commissione conta di attivare investimenti per 30-35 miliardi di euro entro il 2020, che potrebbero arrivare a 60 miliardi nel caso in cui nel frattempo arrivassero copiosi contributi delle aziende private europee che operano nei Paesi-obiettivo.
Secondo uno schema articolato in piattaforme regionali, dunque, Marocco, Algeria, Tunisia, Libia, Egitto, Palestina, Giordania, Siria (con riserva) e Libano sono i destinatari della fetta più consistente degli investimenti. Con le risorse destinate all’Europa dell’Est (Moldova, Bielorussia e Ucraina), alla Russia e al Caucaso meridionale (Armenia, Azerbaijan e Georgia) si supera di gran lunga la metà dell’obiettivo iniziale del piano.
Poco meno di un terzo degli investimenti dovrebbe andare nei Paesi candidati o potenziali candidati all’ingresso nella Ue (Turchia e Paesi balcanici). A quello che disegnato sulla mappa si presenta come un “cordone sanitario” che Bruxelles cerca frapporre tra l’Unione e aree a forte pressione demografica, si aggiungono una ventina di Paesi asiatici, dal Bangladesh allo Yemen, considerati “eleggibili” per gli investimenti, cinque paesi dell’Asia centrale e tutta l’America latina.
Completa la mappa dei Paesi-obiettivo del piano il Sud Africa, unico del grande continente africano oltre ai Paesi mediterranei. Scelta curiosa, questa, visto che molti migranti che giungono in Europa provengono dai paesi sub-sahariani, apparentemente non considerati nel piano.
Citato espressamente nel Migration compact proposto dal Governo italiano ad aprile scorso, il fondo per gli investimenti in Africa e nei paesi di provenienza di migranti irregolari fornisce garanzie creditizie ma anche capitale di rischio e contributi in conto capitale e in conto interessi. Per le garanzie viene creato uno strumento specifico che avrà come controparti le istituzioni finanziarie pubbliche e private coinvolte nell’iniziativa.
Le risorse del fondo dovranno essere aggiuntive rispetto a quelle già previste dall’Ue e dagli Stati membri. Serviranno a finanziare investimenti mirati allo sviluppo economico e sociale dei Paesi interessati, con priorità alla sostenibilità e alla creazione di posti di lavoro, in particolare per i giovani e le donne.
Il piano prevede anche un’attività di assistenza tecnica a sostegno delle autorità locali e delle imprese sia nella fase di progettazione che nella fase di presentazione agli investitori internazionali. Settori privilegiati saranno l’agricoltura sostenibile, l’accesso alle fonti energetiche anche nelle aree rurali, le infrastrutture, comprese quelle sociali, come scuole e ospedali, digital e green economy.
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