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Eurobond per la difesa comune

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Eurobond per la difesa comune

Bruxelles

Consapevole che il tema della difesa è diventato improvvisamente un fattore di unità tra i paesi dell’Unione, a causa dei drammatici attentati degli ultimi mesi, la Commissione europea ha deciso di cavalcare l’idea di un Fondo europeo della difesa con il quale promuovere la ricerca e lo sviluppo in questo delicatissimo campo, rafforzare la collaborazione tra i governi nella lotta contro il terrorismo, e risparmiare per quanto possibile sulla spesa militare.

Già mercoledì il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker ha annunciato che entro fine anno l’esecutivo comunitario proporrà la nascita di un Fondo europeo per la difesa da utilizzare per riunire gli sforzi nazionali in questo settore. Tra le altre cose, l’ex premier lussemburghese ha fatto notare che «la mancanza di cooperazione nelle questioni di difesa costa all’Europa tra i 25 e i 100 miliardi di euro all’anno, a seconda del settore».

Nei fatti il dossier è nelle mani del vice presidente della Commissione Jyrki Katainen e del commissario all’Industria Elzbieta Bienkowska. «Molte idee sono attualmente sotto esame», spiegava ieri la portavoce comunitaria Lucía Caudet, a proposito del modo in cui creare il nuovo strumento finanziario. L’ipotesi più concreta è quella di associare denaro pubblico e denaro privato in modo da avere una leva finanziaria per rendere il fondo particolarmente generoso.

In una intervista al Financial Times pubblicata ieri, Katainen ha spiegato che una prima decisione potrebbe essere di permettere alla Banca europea per gli investimenti di investire anche in progetti militari, e non solo civili. Quanto al nuovo fondo, questo potrebbe emettere «obbligazioni europee per la difesa». L’ex premier finlandese ha lasciato intendere che questo strumento potrebbe essere simile al Meccanismo europeo di Stabilità (Esm), che con fondi pubblici raccoglie denaro privato sui mercati.

Attualmente, il programma comunitario di ricerca Orizzonte 2020 non considera il settore della difesa. In questo contesto, secondo le informazioni raccolte qui a Bruxelles, la Commissione sta valutando se e come proporre di trasferire alla ricerca nella sicurezza 25 milioni di euro del bilancio 2017. Il totale potrebbe salire a 90 milioni nel giro di tre anni. L’obiettivo di più lungo termine è fare sì che nel prossimo bilancio comunitario 2020-2027 la difesa abbia una propria posta di bilancio.

Per anni, il tema è stato troppo controverso per essere considerato una questione comunitaria. I governi hanno insistito per difendere la loro sovranità nazionale, almeno in ambito europeo. I membri della Nato hanno rapporti di collaborazione più estesi. Gli ultimi drammatici attentati islamisti hanno indotto molti Paesi a cambiare atteggiamento, complice la perdurante frenata economica e forse anche la decisione della Gran Bretagna di lasciare l’Unione.

Qui a Bruxelles c’è il sentimento che l’uscita del Regno Unito, da sempre contrario a collaborazioni nel campo militare, possa contribuire a maggiore cooperazione. Tanto più che tutti sanno come la ricerca militare aiuti l’innovazione e l’economia. Della questione si parlerà anche oggi a Bratislava dove i Paesi membri si riuniscono per la prima volta senza la Gran Bretagna per discutere del futuro dell’Unione. Francia e Germania si sono già espresse a favore di nuove forme di cooperazione.

E’ ancora presto per capire come i Paesi membri reagiranno a questo ballon d’essai della Commissione europea. Notava ieri un diplomatico che «l’idea di obbligazioni comunitarie non è popolare in alcuni Stati». Nel presentare il suo progetto, il presidente della Commissione Juncker ha notato che l’Unione non può più affidarsi al “soft power” per difendere il proprio sistema monetario. D’altro canto, nella Storia nessuna moneta ha mai potuto fare a meno di una propria forza militare.

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