
«Ormai tutti guardano a Roma ma l’importante è che la montagna non partorisca il topolino». Lo aveva detto una settimana fa ad Atene, Matteo Renzi, e lo ripete da Bratislava per sottolineare l’insoddisfazione del Governo italiano nel vedere come il percorso di avvicinamento al Consiglio straordinario del 25 marzo 2017 a Roma (per festeggiare il 60° anniversario della firma dei Trattati istitutivi della comunità europea) proceda troppo a rilento. «E invece - aggiunge Renzi - il percorso che ci dovrà caratterizzare da qui a Roma è fatto di scelte chiare se vogliamo essere all’altezza della sfida della Brexit».
Due sono, secondo il presidente del Consiglio, i punti sui quali il vertice di Bratislava è stato poco incisivo: la questione migratoria e una politica economica a favore della crescita. E invece, i sei mesi che ci separano dal vertice di Roma devono essere riempiti di contenuti. «Quando dico che si è girata la clessidra - aggiunge il premier - voglio dire che abbiamo una clamorosa responsabilità; dobbiamo giocarcela dicendo su cosa siamo d’accordo e su cosa non siamo d’accordo; non tutto ha funzionato come doveva in questa Europa ma c’è la possibilità di cambiare; di certo non possiamo arrivare al marzo 2017 con questa situazione dei migranti e questa politica economica».
Insomma, secondo Renzi, tra i 27 non si è diffusa a sufficienza la consapevolezza della gravità della situazione dopo la Brexit con il rischio che il «grande sogno di rilancio dell’Europa» resti solo sulla carta. I “passetti” fatti a Bratislava non sono sufficienti e il vertice di Roma rischia di essere il fallimento di quel sogno. Il presidente del Consiglio non sta a questo gioco e rilancia il suo percorso che «non è fatto di uno 0,1% in più o meno di deficit» ma di un disegno strategico sul futuro dell’Unione a 27.
Le occasioni per correggere la rotta verso Roma non mancheranno: dopo Bratislava il 20 e 21 ottobre i capi di Stato e di Governo torneranno a vedersi nuovamente a Bruxelles. Sul tavolo l’architettura della difesa comune, già delineata ieri a Bratislava sulla scorta del documento franco-tedesco, la lotta alla disoccupazione, la crisi dei migranti e le misure antiterrorismo. Tutti temi che riguardano da vicino il “futuro dell’Europa” e che andranno poi precisati meglio a gennaio alla Valletta in un nuovo summit europeo della presidenza maltese e poi di nuovo a febbraio a Bruxelles.
Nel frattempo i vari formati ristretti all’interno dei 27 continueranno a riunirsi anche se Renzi non sembra affezionato a nessuno di questi; neppure al direttorio a tre, soprattutto dopo la conferenza congiunta di ieri Merkel-Hollande.
Certo, Renzi conosce benissimo tutte le incognite relative all’esito del referendum sulle riforme e il clima preelettorale che si respirerà dall’inizio del prossimo anno anche a Parigi e Berlino. Le derive populiste sono sempre in agguato e le preoccupazioni principali di Angela Merkel e François Hollande sono legate principalmente alle sfide nazionali. Ma una risposta a quelle sfide può venire, secondo Renzi, proprio dal rilancio dell’Europa vista dai cittadini non più come causa dei problemi attuali ma come parte delle soluzioni.
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