Mondo

La Russia alle urne senza illusioni

  • Abbonati
  • Accedi
OGGI IL VOTO

La Russia alle urne senza illusioni

MOSCA - Sono passati cinque anni dall’inverno delle proteste, oggi i russi tornano a votare per il rinnovo della Duma, il Parlamento. Dell’atmosfera di allora, a Mosca, non c’è più traccia: dove sono le decine di migliaia di manifestanti scesi in piazza a sfidare Putin?

«Sono stanchi, si sono arresi, si sono rassegnati – sospira Sasha in un caffè del centro -. Si sono resi conto che non esiste una forza politica capace di contrastare il potere di oggi, nessuno che sappia rappresentare i loro interessi». Chi protesta, oggi, non è qui: è nelle regioni più colpite dalla crisi, nelle miniere o tra le categorie sociali – come gli insegnanti o i medici – in sciopero per gli stipendi arretrati. È tra i camionisti sul piede di guerra contro una nuova “road tax”, tra i dipendenti dell’industria dell’auto rimasti senza lavoro. Tra i gruppi di pensionati indignati per la decisione del governo, deciso a contenere il deficit di bilancio, di elargire in gennaio un una tantum di 5.000 rubli (68 euro) per compensare la mancata indicizzazione delle pensioni. «Tenete duro!», è stato l’offensivo incoraggiamento del primo ministro, Dmitrij Medvedev, ai pensionati preoccupati da un’inflazione che ancora viaggia sopra il 6 per cento.

Il Cremlino, verosimilmente, si sente più a proprio agio a gestire questo tipo di rimostranze: una protesta di stampo sociale diverso da cinque anni fa, nata con la crisi economica, un malumore che però ancora non ha toccato il livello di guardia. E che si spera di poter incanalare nell’assenteismo, oppure tra i voti per il Partito comunista di Ghennadij Zjuganov o per i populisti/nazionalisti dell’Ldpr di Vladimir Zhirinovskij, cooptati dal Cremlino nella cosiddetta opposizione “sistemica” che alla Duma non si mette mai troppo di traverso. La propaganda del regime è perfino riuscita a dirottare altrove la responsabilità per i disagi legati alle sanzioni e all’embargo nato dalla crisi ucraina: «Tanti credono davvero che se ai russi ora mancano molti generi alimentari, la colpa sia dell’Occidente», osserva il politologo Vladimir Frolov. Per il resto, per la vera soluzione della crisi economica si conta, come sempre, sulla ripresa del petrolio.

Ma questa stessa crisi, paradossalmente, si è alleata con il Cremlino contribuendo a stemperare l’”altra” protesta, la più minacciosa per Vladimir Putin perché, centrata sulla classe media e sulle grandi città, metteva in discussione il sistema. Tra le parlamentari 2011 e le presidenziali 2012 i manifestanti vennero repressi brutalmente; l’opposizione uscì dalla prova smembrata e delusa. Apatia, indifferenza. In più, per non correre rischi, ora che si torna alle urne il regime ha lasciato passare alcune concessioni, ha promesso un voto corretto e ha socchiuso la porta ai partiti dell’opposizione in modo da non accendere nuove scintille. Ma se oggi il quadro è diverso rispetto a cinque anni fa, molto ha fatto la crisi. Senza contare l’appoggio a tutto campo piovuto sul presidente con il “ritorno a casa” della Crimea.

«Oggi la gente non è più interessata alla politica – spiega Nadezhda Azhgikhina, dell’Unione dei giornalisti russi -. Cinque anni fa al primo posto mettevano il televisore, e poi veniva il frigorifero. Ma poi hanno visto che il frigo iniziava a svuotarsi, che i redditi scendevano: ora c’è il frigorifero al primo posto. La gente vuole occuparsi del proprio lavoro, o pensare alla cultura, o divertirsi. Una cosa che in Occidente si fatica a capire è quanto piaccia ai russi essere dei consumatori, pensare ai soldi. Perché la gente della mia generazione ricorda bene quando non aveva nulla di tutto questo». Quelle manifestazioni sotto le mura del Cremlino, aggiunge Nadia, «non erano vere proteste, non era un vero movimento». Le autorità le avevano alimentate reagendo in modo rozzo e brutale, reprimendole, imprigionando gli attivisti, trattandoli come quinte colonne, nemici del popolo: «Un grosso errore: la gente vedeva violata la propria dignità. In realtà non protestava contro il potere, ma contro il modo con cui il potere trattava le persone».

E le autorità sembrano aver imparato la lezione, dal momento che almeno all’apparenza promettono un voto corretto, una facciata rispettabile. Del resto, le preoccupazioni economiche e il bisogno di stabilità stanno dietro molti dei voti che finiranno inevitabilmente a Russia Unita, il partito del potere di cui tanti sono stufi, ma che a tanti altri appare come il male minore, l’unico che conoscono davvero in questo momento di incertezza: «Lo vedono come il solo partito che ha le risorse per poter risolvere i loro problemi – spiega Denis Volkov, sociologo del Centro Levada -. Il più influente, in grado di fare. Molti dicono: ok, è il partito dei burocrati, però rispetto agli altri ha l’immagine migliore». Con la benedizione, dall’alto di una popolarità all’82%, di Putin.

© RIPRODUZIONE RISERVATA