Il Piano Juncker 2.0 raddoppia gli obiettivi ma non le risorse. In una tabellina riservata ottenuta dal Il Sole 24 ore si spiega in poche righe “come arrivare a mezzo trilione” di euro, l'obiettivo totale di investimenti che l’estensione del Fondo europeo per gli investimenti strategici (Efsi nell’acronimo inglese) vorrebbe raggiungere. Le risorse aggiuntive sono in tutto 3,6 miliardi e di questi solo 2,5 miliardi sono soldi freschi, messi a disposizione dalla Banca europea per gli investimenti, la Bei, che nel piano ha un ruolo fondamentale.
Il resto, 1,1 miliardi di garanzie che si aggiungono agli 8 miliardi del vecchio fondo, è ottenuto raschiando il fondo del barile in cui è custodito il bilancio dell'Unione: 150 milioni dalla voce “margini” (differenza tra il tetto massimo iscritto a bilancio per ogni voce di spesa e la spesa pluriennale ad oggi programmata fino al 2020), 450 milioni di “rientri” (rimborsi o dividendi derivanti dalle operazioni finanziate dal piano) e 500 milioni dalla riserva del CEF (Connecting Europe facility, il fondo per le reti infrastrutturali transeuropee) già destinata alla creazione di strumenti finanziari con la Bei.
Stop. Non c’è altro. O quasi. Perché per arrivare a mezzo trilione, anzi per essere precisi 502,5 miliardi di euro, Commissione e Bei hanno deciso di ridurre al 35% il tasso di accantonamento a copertura delle garanzie poste per ogni finanziamento. «Il 50% previsto da Efsi1 – spiegano più fonti interpellate dal Sole 24 Ore – sulla base dell’esperienza maturata nel primo anno di attività è stato giudicato troppo prudente». In pratica, si liberano risorse bloccate per le coperture, si amplia il portafoglio e cresce l’effetto leva.
Poste queste premesse, possiamo fare due conti, seguendo sempre la tabellina. Applicando il tasso del 35% ai 9,1 miliardi del nuovo fondo di garanzia si arriva a 26 miliardi (nel “vecchio” Piano Juncker il fondo di garanzia era di 8 miliardi e con il tasso di copertura al 50% “generava” 16 miliardi).
Sommando i 26 miliardi di garanzie ai 7,5 miliardi di fondi Bei (5 vecchi e 2,5 nuovi) si arriva a 33,5 miliardi di “risk bearing capacity” (capacità di assumere rischi o obbligo legale di garanzia, il “cuscinetto” destinato ad assorbire le prime eventuali perdite dei finanziamenti). Applicando a questo importo il moltiplicatore di 1:15 già utilizzato nella prima fase del piano, si arriva a mezzo trilione: 502,5 miliardi. Senza la riduzione del tasso di accantonamento sulle garanzie, l'effetto del Piano Juncker 2.0 si sarebbe fermato a 385,5 miliardi.
Giuste valutazioni? Giochi di prestigio? Finanza creativa? Troppo presto per dirlo. Ciò che si può dire oggi è che i soldi veri a disposizione del Fondo europeo per gli investimenti strategici sono in tutto 16,5 miliardi (9,1 di garanzie Ue e 7,5 di contributi Bei). Per arrivare ai 33,5 di “risk bearing capacity” ne mancano altri 17 che - se sarà necessario per coprire le perdite sui finanziamenti - dovranno essere trovati nel bilancio dell’Unione. Si giustifica, così, una frase pronunciata dal presidente della Bei, Werner Hoyer soddisfatto per l’estensione del piano Juncker: «Ora si dovrà capire dove la Commissione troverà i soldi».
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