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PIANETA GIAPPONE

Terremoto: lezioni giapponesi tra luci e ombre. Inchiesta nel Kyushu a cinque mesi dal sisma

KUMAMOTO – Il simbolo della provincia è uno dei castelli più grandi e più belli del Giappone. Costruito all'inizio del XVII secolo, ha resistito a incendi, assedi e, da ultimo, alla guerra civile del 1877 guidata dall'eroe popolare Saigo Takamori da cui ha tratto ispirazione il fim “L'ultimo samurai” con Ken Watanabe e Tom Cruise. Il castello di Kumamoto, nel Kyushu, non ha resistito a un terremoto con aspetti senza precedenti anche in Giappone: due scosse nel giro di due giorni (14 e 16 aprile) di intensità sismica 7, la massima nella scala nipponica, anche se di magnitudo non da primato (6,2 e 7), oltre a più di 2mila scosse di assestamento (50 i morti, saliti a 95 includendo cause correlate; 2.316 i feriti; danni stimati in 4.600 miliardi di yen, pari a 40 miliardi di euro).

Le guide ora non possono che accompagnare i turisti lungo il perimetro di 5,3 km del castello, che resta tutto sbarrato. «Ci vorranno 20 anni per ricondurlo a come era prima, con una spesa di oltre 60 miliardi di yen – dice Yusuke Umeda, uno dei responsabili dell'amministrazione del complesso – Ma il sindaco Kazufumi Onishi ha posto come obiettivo la riapertura della torre principale tra tre anni». È curioso che le mura di fondamenta più alte (22 metri) hanno resistito, mentre una torretta ricostruita due anni fa ha avuto gravi danni al pari di altre strutture riattate in questo secolo. Sarebbe facile fare ironie della serie “anche da loro….”.

Gravi danni ma nessun turista morto. Il punto è che, quando accadono grandi terremoti, in Giappone – anche in Giappone - molti edifici crollano, ma non muoiono i turisti ospiti negli alberghi o chi sta in strutture pubbliche. «Confermo: non abbiamo registrato vittime tra i turisti e ci risulta che nessuno di loro sia stato ricoverato in ospedale», afferma Makoto Takahashi, general manager della Kyushu Tourism Promotion Organization, che lamenta il crollo delle presenze nei due mesi successive al sisma ma sottolinea i segnali di ripresa del settore, agevolati da iniziative come i coupon di sconto fino al 70% per l'alloggio, le agevolazioni per l'uso delle autostrade e una nuova campagna promozionale.
Sono stati comunque 165mila gli edifici danneggiati, di cui 8.135 case praticamente distrutte, in particolare nelle cittadine di Mashiki e Minamiaso. «Quando ho appreso del terremoto in Italia centrale, mi sono sentito vicino a quelle popolazioni più ancora di quanto mi sia accaduto in occasione di altri sismi qui in Giappone – dice Takuo Fujioka, capo dipartimento finanza e strategie del comune di Mashiki –. Perché da noi è stata la prima volta. È qualcosa che ti cambia”.

Terremoto: lezioni giapponesi tra luci e ombre

La sorpresa e tanti crolli. La regione colpita era considerata tra le meno esposte a rischio sismico del Giappone: visitandola e constatando i danni, è difficile sottrarsi all'impressione che – proprio per questo motivo - qualche negligenza ci sia stata nelle attività edilizie, specchio di un atteggiamento meno cauto che ha fatto sì che a Kumamoto le case assicurate contro i terremoti siano molto meno della media nazionale. Ma i funzionari pubblici danno risposte diverse. Anzitutto, spiegano, l'intensità del sisma è stata massima e molte delle case distrutte sono state costruite prima del 1981, quando entrò in vigore una più severa legislazione anti-terremoti. Che in genere viene rispettata, tanto che quando scoppia uno scandalo in proposito la notizia conquista le prime pagine (come l'anno scorso nel caso di Toyo Tire & Rubber, che realizzava materiali edilizi non conformi). In secondo luogo, può essersi trattato di un problema non tanto della costruzione in sé, ma del terreno, come nel caso di frane su pendii collinari. Guardando lo spettacolo di Mashiki, dove abbondano case accartocciate (nel senso che sembrano fatte di cartone), quasi ci si stupisce che i morti siano stati solo 21. La leggerezza di molte costruzioni (spesso in legno) ha il vantaggio di non “seppellire” l'abitante sotto macerie pesanti in caso di cedimento. Ad ogni modo, sono crollati anche tunnel o ponti su strade nazionali.

Ancora centinaia di evacuati. Molto appare perfettibile anche nel Sol levante: basti pensare che, a 5 mesi di distanza dal sisma, ancora quasi mille persone vivono in centri di evacuazione, (dagli iniziali 183mila sfollati), in attesa dell'ultimazione dei prefabbricati (mentre sono ancora allo stadio preliminare i piani per la costruzione di abitazioni permanenti). E nel Tohoku, a 5 anni e mezzo dallo tsunami del marzo 2011, ancora 45mila persone vivono in strutture provvisorie in cui avrebbero dovuto restare al massimo per due-tre anni. Peraltro, a Kumamoto e dintorni molte persone in teoria ospitate in palestre o strutture collettive simili per settimane hanno preferito dormire in auto: chi per privacy, chi per il terrore delle scosse (che in macchina si sentono poco). «Un problema mi pare l'eccesso di documentazione nelle procedure burocratiche, specie per erogare somme alle società di costruzioni – afferma Ryuichi Matsumoto, dell'ufficio tecnico del Comune di Minamiaso – Sarebbe più semplice dare la somma direttamente al danneggiato…». Una particolarità giapponese sono le numerose abitazioni che attendono di essere demolite: si guarda all'interno e sembra che tutto sia rimasto come al 16 aprile. Il processo di demolizione è più complicato che altrove, anche perché le società incaricate hanno l'obbligo di raccogliere e inventariare gli effetti personali o altro materiale “salvabile”.

Convivenza tra sfollati e turisti. Non scontato, almeno altrove, quanto successo all'Aso Farm Land, un villaggio turistico a tematica ecologico-salutista che ha mezzo migliaio di “Dome House” – simpatici e confortevoli bungalow a forma di igloo – realizzate in polisterene espanso (brevetto speciale, resistenza ottima ai sismi). «Abbiamo ospitato fino a 650 sfollati al giorno e ora ne abbiamo ancora 190 – afferma Koji Masuda, general sales manager – Anche grazie a qualche piccolo accorgimento, non ci sono stati problemi di convivenza tra turisti ed evacuati».

Ampi stanziamenti per la ripresa. Per il futuro di Kumamoto, è un bene che il governo del premier Abe si sia orientato a introdurre una ampia manovra di stimolo fiscale all'economia, stanziando fondi addizionali oltre ai 778 miliardi di yen inizialmente previsti per l'emergenza e la ricostruzione. Un po' l'esecutivo si rifarà con la maxiprivatizzazione da 3,4 miliardi di euro di JR Kyushu (che aveva dovuto sospendere per due settimane i treni shinkansen). «Daremo priorità al sostegno e al rilancio delle piccole imprese e business familiari – afferma Masaki Kawahara, direttore del Meti in Kyushu – Intanto le fabbriche regionali delle grandi imprese hanno ripreso a produrre a pieno regime». Ma non manca chi, come la Hoya, ha deciso di non riprendere la produzione nel suo stabilimento nella prefettura di Kumamoto: se il Kyushu non è immune dai terremoti, tanto vale realizzare le fotomaschere per pannelli tv nell'impianto di Tokyo. Ma ci sono sussidi: Hoya, allora, riaprirà la struttura nella prossima primavera. Come centro di sviluppo tecnologico.

Le tre strategie del governatore. All'ingresso della prefettura di Kumamoto, c'è una cassetta per le donazioni di solidarietà «per il terremoto di agosto nell'Italia centrale». Ikuo Kabashima,69 anni, è un governatore anomalo, con i suoi studi negli Usa (Harvard compresa) e l'ex ruolo di professore all'Università di Tokyo. «È davvero importante ricevere, e dare, solidarietà senza frontiere quando succedono terremoti», afferma: non solo le donazioni in denaro o beni (un esempio: enti e associazioni italiane hanno “adottato” l'istituto scolastico dei padri Maristi di Kumamoto, gravemente danneggiato), ma anche i messaggi di incoraggiamento, istituzionali e non, e il supporto pratico nella prima emergenza (offerto ad esempio dagli Osprey americani o dalle forze sudcoreane). Kabashima è stato eletto a fine maggio per il suo terzo mandato alla guida della prefettura di Kumamoto: Ho altri quattro anni davanti: mi spetta il compito di assicurare la ripresa». Non ha alcuna rimostranza verso il governo centrale, anzi sottolinea che l'esecutivo è intervenuto con «molti soldi, che ora vanno spesi bene»: a parte i 78 miliardi di yen per le prime necessità, si tratta dei 700 miliardi di yen (6,1 miliardi di euro) del “Recovery Reserve Fund”, cui si è aggiunto in agosto il preannuncio di oltre 413 altri miliardi nel quadro della manovra complessiva di stimolo all'economia. «Bisogna seguire tre principi – afferma Kabashima – Anzitutto, minimizzare le sofferenze e i disagi delle persone colpite. Poi, non si deve pensare solo a ripristinare le condizioni precedenti, ma a lavorare per una ripresa creativa (“building better”). Infine, la sfida è quella di associare ricostruzione e ripresa a un ulteriore sviluppo di Kumamoto a beneficio di tutto il Kyushu».

“Si può migliorare”. Il Governatore non ha difficoltà ad ammettere che “il terremoto ci ha colti di sorpresa”. Questo perché l'area di Kumamoto era considerata tra quelle meno esposte ai sismi, tanto da aver attirato vasti investimenti manifatturieri proprio perché le industrie dell'automotive e dell'elettronica avevano deciso di farne una nuova base produttiva più “sicura”. «Al limite, pensavamo che potesse essere colpita l'area di Miyazaki, a est, in seguito al sisma che è atteso lungo la depressione Nankai – prosegue – È una lezione per tutti; mai avere la guardia abbassata». Fondamentale è anche una “reazione tempestiva: dopo un'ora ho chiesto l'intervento delle Forze di Autodifesa”. Certo, si può sempre fare di più in termini di coordinamento tra i diversi soggetti coinvolti nelle operazioni di soccorso, così come in termini di informazione e comunicazione, anche alle comunità straniere (via Sms, magari non solo in inglese ma anche in cinese o coreano, visto che turisti o residenti sono per lo più asiatici). «Abbiamo anche appreso l'importanza di avere infrastrutture viarie alternative: per raggiungere i luoghi principali del territorio, meglio avere due rotte», aggiunge Kabashima, citando i problemi causati dall'interruzione (che dura tuttora) della statale 57. Il governatore ha infine parole di elogio per i volontari arrivati da tutto il Paese: «Ma c'è un modo con cui tutti possono trasformarsi in volontari: venire a Kumamoto come turisti è un bel modo di manifestare solidarietà”, conclude il governatore, che si fa fotografare con Kumamon, il simpatico orso diventato la mascotte forse più famosa tra quelle delle province giapponese. Fa da simbolo e da richiamo per la zona. E l'ha persino aiutato a rivincere le elezioni, in quanto il successo nazionale di Kumamon è stato attribuito alla incessante attività di promozione da parte del governatore.

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