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Mann (Ocse): Italia ha perso slancio, su fiducia pesa incertezza referendum

Catherine Mann (AFP PHOTO / ERIC PIERMONT)
Catherine Mann (AFP PHOTO / ERIC PIERMONT)

PARIGI - L'Ocse taglia le previsioni di crescita dell'Italia (dello 0,2% quest'anno e dello 0,6% il prossimo, con un aumento del Pil allo 0,8% in entrambi i casi) ma si schiera risolutamente dalla parte del premier Matteo Renzi nella battaglia con Bruxelles sulla flessibilità di bilancio.

Nell'Economic Outlook di mid-term (intermedio cioè rispetto a quelli più approfonditi e articolati di giugno e settembre), l'organizzazione parigina sottolinea ancora una volta il persistere di una “crescita molle” a livello mondiale, con una revisione delle stime che praticamente non salva nessuno.

PREVISIONI DI CRESCITA PER IL 2016
% di crescita del Pil reale e variazione % rispetto alle stime di giugno, media Eurozona (1,5) e mondiale (2,9) (Fonte: OCSE)

Rispetto a giugno, la crescita globale viene ritoccata al ribasso dello 0,1% (al 2,9% nel 2016 e al 3,2% nel 2017), con un taglio su quest'anno più accentuato per Stati Uniti (-0,4% all'1,4%) e Canada (-0,5% all'1,2%). La riduzione per la zona euro è dello 0,1% (all'1,5%).

Il segno positivo rimane solo per Gran Bretagna (+0,1% all'1,8%), che almeno per quest'anno dovrebbe risentire meno del previsto dell'effetto Brexit, e per il Brasile (+1%), che però rimane in profonda recessione (-3,3%).

Quanto all'anno prossimo, in terreno positivo ci sono solo il Giappone (+0,3% allo 0,7%) e il Brasile (+1,4% a -0,3%), con l'eurozona in calo dello 0,3% (all'1,4%).
E se per l'Italia il ribasso di quest'anno è in linea con quello generale, nel 2017 il taglio è il più forte, con la sola eccezione della Gran Bretagna (-1% all'1%), che inizierà a risentire pienamente dell'esito del referendum.

PREVISIONI DI CRESCITA PER IL 2017
% di crescita del Pil reale e variazione % rispetto alle stime di giugno, media Eurozona (1,4) e mondiale (3,2) (Fonte: OCSE)

La drastica revisione delle stime sull'Italia, secondo la capo-economista dell'Ocse Catherine Mann, è dovuta in parte all'impatto meno positivo del previsto delle riforme e in parte al fatto che il nostro Paese, a causa soprattutto della composizione del suo export, è più esposto all'andamento complessivo dell'eurozona e alle conseguenze del Brexit.

«Il contesto generale – ha spiegato la Mann – ha un effetto più importante per l'Italia rispetto ad altri Paesi. Per quanto attiene inoltre alla situazione interna, l'Italia ha una vasta gamma di sfide da raccogliere. Ci sono stati progressi importanti, per esempio con la riforma del lavoro che ha avuto conseguenze positive sull'occupazione, ma la speranza che questo slancio positivo proseguisse e anzi si ampliasse è stata delusa. Ci sono problemi di fiducia, legati anche all'incertezza politica dovuta al prossimo referendum. Gli investimenti, infine, registrano un andamento meno positivo rispetto al previsto».

“La riforma del lavoro ha avuto conseguenze positive sull'occupazione, ma la speranza che questo slancio proseguisse e anzi si ampliasse è stata delusa”

Catherine Mann, capo-economista dell'Ocse 

In compenso l'Ocse mette i piedi nel piatto della questione “flessibilità”, spezzando una lancia a favore delle posizioni italiane: «L'applicazione delle regole del Patto di stabilità – scrive e ribadisce in conferenza stampa Mann – dovrebbe essere modificata per consentire delle politiche di bilancio più mirate al sostegno della crescita. Per esempio escludendo le spese per investimento dai budget. E più generalmente adottando un approccio coerente nel mostrare una maggiore discrezionalità».

Mann sottolinea che il persistere di tassi eccezionalmente bassi – pur avendo conseguenze potenzialmente pericolose sull'equilibrio dei mercati finanziari, come dimostra peraltro l'andamento dei titoli bancari – libera risorse che possono appunto essere usate per sostenere la crescita, in particolare sul fronte degli investimenti pubblici in infrastrutture e dell'educazione. E l'Italia, essendo il Paese che più ha beneficiato dei tassi bassi, è quindi anche quello che potrebbe, a fronte di regole più flessibili da parte della Commissione europea, utilizzare più risorse per rafforzare una crescita che stenta ad arrivare.

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