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Draghi: ripresa moderata, tocca ai Governi «scatenare la…

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Draghi: ripresa moderata, tocca ai Governi «scatenare la crescita»

Reuters
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La ripresa prosegue ma è moderata, con «uno slancio leggermente inferiore di quanto previsto a giugno». È iniziata così l’audizione di Mario Draghi al Parlamento europeo: nulla di nuovo ma la conferma che le prospettive per Eurolandia sono ancora piuttosto deboli. Lenta la crescita (+1,6% nel 2017 e il 2018), bassa l’inflazione che salirà l’anno prossimo soltanto perché «l’impatto dei passati cali del petrolio svaniranno» (e quindi sarà un rialzo dell’indice, non un vero rialzo dell’inflazione). Tocca però ai Governi - ha avvertito - «scatenare la crescita».

Draghi non ha certo voluto sottolineare difficoltà e mancati successi della politica monetaria che, dal suo punto di vista, ha ottenuto risultati importanti: gli standard di concessione del credito - ha spiegato - si sono allargati, le operazioni straordinarie (acquisti di bond, di corporate bond, e i Tltro-II) stanno abbassando i costi di finanziamento di «attori importanti della nostra economia» (anche se gli investimenti rispondono poco ai tassi di interesse...), senza dimenticare le Pmi: «Le grandi aziende sono incentivate a ottenere più finanziamenti dal mercato dei bond, lasciando così più spazio nei bilanci delle banche per concedere prestiti a piccole e medie imprese».

La politica monetaria ha inoltre beneficiato tutti. La situazione di frammentazione di Eurolandia che era evidente qualche anno fa è migliorata, ha detto Draghi. Le misure della Bce ora raggiungono tutti i paesi. «Da ottobre 2012 a luglio 2016 l’indicatore composito del costo del credito per i nuovi prestiti alle compagnie non finanziarie è calato di quasi 287 punti base in Portogallo e di punti base in Italia, contro i 117 punti base per l’area euro nel suo complesso».

Il messaggio che è a cuore alla Bce è che la politica monetaria non può fare tutto. In alcuni paesi - la Germania innanzitutto - si contesta il basso livello dei tassi, che danneggia risparmiatori, assicurazioni, fondi pensione. «I tassi bassi - ha quindi ribadito Draghi - sono il sintomo della situazione economica sottostante: riflettono una debole tendenza della crescita di lungo termine e il protratto crollo macroeconomico che è stato il risultato della crisi». Ha però ammesso, anche se non è la prima volta, che tenere tassi ufficiali bassi a lungo può generare rischi.

Soprattutto, la Bce «non può determinare il livello sostenibile dei tassi di interesse reali nel lungo termine, che dipendono dalle prospettive di crescita di lungo termine». È questo il ruolo degli altri «attori politici»: «perseguire politiche fiscali e strutturali che contribuiscano a una ripresa che si sostenga da sola e aumentino la crescita potenziale di Eurolandia».

Brexit è quindi ormai sullo sfondo, anche se non è scomparsa del tutto: non ha avuto per ora grandi effetti, Eurolandia si è mostrata «resiliente», resistente agli urti, ma l’incertezza dello scenario di base della Bce «resta soggetto a rischi al ribasso». Sui negoziati, ha aggiunto che alla Gran Bretagna non dovrebbero essere concessi trattamenti di favore, per evitare forme di discriminazione tra i paesi: «Sarebbe difficile immaginare che un accordo percepito come discriminatorio verso alcuni soggetti o favorevole ad altri soggetti possa essere una fonte di stabilità per il futuro della Ue».

L’uscita della Gran Bretagna pone però, secondo Draghi, una sfida diversa, tutta politica. «È importante assicurare che l’Unione europea risponda alle aspettative dei suoi cittadini», è il messaggio di Draghi. I progetti della Ue devono concentrarsi sulle preoccupazioni immediate delle persone e «per quelle sfide che in modo inequivocabile vanno al di là dei confini nazionali, soluzioni efficienti richiedono azioni congiunte». Il suo riferimento esplicito va alle migrazioni, alla sicurezza e alla difesa.

Altrettanto importante è che si alimenti «fiducia tra le nazioni e le persone» e per questo motivo le «regole condivise vanno rispettate». Per l’Eurolandia in particolare questo permetterà di «evitare gli squilibri che potrebbero rischiare di destabilizzare l’area». In ogni caso, «le azioni dei governi nazionali sono necessarie per scatenare la crescita, ridurre la disoccupazione e dar opportunità (empower, è la parola che ha usato) alle persone, offrendo nello stesso tempo protezione ai più deboli».

Sul piano fiscale, i paesi che non hanno margini di manovra dovrebbero intervenire sulla composizione dei bilanci pubblici. Molti di questi paesi «negli ultimi 10-15 anni che hanno preceduto la crisi hanno aumentato la spesa pubblica ma la loro crescita è rimasta stagnante o molto molto piccola», ha detto Draghi. I paesi con «spazio » per intervenire - ha aggiunto - dovrebbero usarlo tutto: ha quindi rilevato un’assimetria tra i paesi a cui è vietato spendere di più, e paesi a cui non è imposto invece di avere una politica più espansiva.

Non è mancato, infine, un richiamo al completamento del processo di integrazione, e in particolare l’Unione bancaria e l’Unione dei mercati dei capitali. Draghi ha poi voluto concludere il suo discorso introduttivo con una citazione di Carlo Azeglio Ciampi, da poco scomparso: «L’euro è la più grande dimostrazione della volontà unitaria dei cittadini europei, e una forza trainante per l’integrazione politica»

In risposta a domande dei deputati, Draghi ha anche affermato che «sono importanti le iniziative che portino a un consolidamento del settore bancario». «C’è un numero molto alto di banche in quasi tutti i paesi della zona euro», ha poi aggiunto, precisando che «ci sono molte centinaia di piccole banche che fanno un lavoro molto buono per i loro clienti, e ci sono altre banche che possono essere consolidate». Non ha voluto commentare, infine, la situazione «specifica» di Deutsche Bank.

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