Mondo

Commercio mondiale ai minimi dal 2009: cresce meno del Pil globale

  • Abbonati
  • Accedi
L’ALLARME WTO

Commercio mondiale ai minimi dal 2009: cresce meno del Pil globale

Il direttore generale della Wto  Roberto Azevedo
Il direttore generale della Wto Roberto Azevedo

Gli scambi internazionali frenano come mai avevano fatto dalla crisi del 2009. L’Organizzazione mondiale per il commercio (Wto) ha appena corretto le proprie stime di crescita per il 2016, abbassando l’incremento atteso dei volumi all’1,7%, rispetto al 2,8% previsto ad aprile. Per la prima volta in 15 anni (e la seconda dal 1982), la crescita del commercio mondiale sarà più bassa di quella del Pil (+2,2%). Storicamente, sottolinea la Wto, «una robusta crescita del commercio è stata sintomo di forte espansione economica, dato che il commercio ha offerto ai Paesi in via di sviluppo ed emergenti una via per crescere rapidamente e dato che un forte aumento delle importazioni si è associato a una crescita più sostenuta nelle economie avanzate».

Nel lungo periodo, rimarca la Wto, gli scambi commerciali sono cresciuti 1,5 volte più in fretta del Pil e a velocità doppia a partire dal decollo della globalizzazione, negli anni 90.

LA GELATA
(Fonte: WTO segreteria per il commercio, stime Pil)

Sebbene ci siano indicatori che puntano verso una ripresa degli scambi nella seconda metà del 2016, questo non sembra tuttavia abbastanza da far sperare in una accelerazione significativa. Le esportazioni dei Paesi avanzati (+2,1%) supereranno per crescita in volume quelle dei mercati emergenti (+1,2%), che restano indietro anche sul fronte delle importazioni (+0,4% questi ultimi, contro il +2,6% dei primi).

L’aggravarsi della recessione in Brasile, spiega la Wto, ha influenzato tutto il Sud America, le cui importazioni sono previste in calo dell’8,3%. Nord America (+1,9%) e Asia (+1,6%) cresceranno, ma in misura molto più contenuta rispetto alla previsioni di aprile (rispettivamente 4,1 e 3,2%). Solo l’Europa registra un incremento delle importazioni nel 2016 (dal 3,2 al 3,7%). Il calo delle esportazioni investe un po’ tutte le regioni, con l’eccezione del Sud America, che si avvantaggia di più favorevoli tassi di cambio.

Le cose non andranno molto meglio nel 2017. La Wto prevede una crescita compresa tra l’1,8%, se la debolezza degli scambi mondiali dovesse confermarsi, e il 3,1%, se al contrario si ritroverà il dinamismo perduto. Ad aprile, la Wto aveva previsto una crescita del 3,6 per cento.

LA MAPPA DEGLI SCAMBI
Variazione percentuale annua, stime 2016. (Fonte: Wto)

La frenata degli scambi è trainata soprattutto dal rallentamento delle economie in via di sviluppo come Cina e Brasile, ma anche degli Stati Uniti. E arriva nel bel mezzo del gelo calato sull’ambizioso accordo di libero scambio tra Unione europea e Stati Uniti e con il protezionismo al centro della campagna elettorale statunitense. Il direttore generale della Wto, Roberto Azevedo, definisce il «marcato e grave» rallentamento in atto «una sveglia» che dovrebbe mettere in guardia contro il diffondersi di «posizioni anti-globalizzazione». «Dobbiamo assicurarci - afferma Azevedo - che non si traducano in politiche sbagliate che possono peggiorare la situazione, non solo per le prospettive del commercio, ma anche per l’occupazione, la crescita e lo sviluppo, che sono strettamente legati all’apertura del sistema commerciale».

Azevedo sottolinea che 4 posti di lavoro su 5 persi nei Paesi industrializzati sono stati cancellati dai processi di automazione delle imprese e non dalla concorrenza generata dalle importazioni a basso costo. Una risposta a distanza alle dichiarazioni di Donald Trump, il candidato repubblicano alla Casa Bianca, che ha messo nel suo programma la rinegoziazione degli accordi commerciali siglati dagli Stati Uniti con Paesi che «ci rubano occupazione e imprese». Ma Trump si è spinto oltre, fino a minacciare l’uscita degli Stati Uniti dalla Wto.

Azevedo sottolinea poi la necessità di «condividere più diffusamente» i vantaggi del commercio: «Dobbiamo costruire un sistema più inclusivo, che aiuti i Paesi più poveri, gli imprenditori, le piccole imprese e i gruppi ai margini a partecipare ai benefici» generati dagli scambi internazionali. «È il momento di ascoltare le lezioni della storia e di impegnarci di nuovo a un’apertura degli scambi che possa aiutare a spronare la crescita economica».

© Riproduzione riservata