Nell’Ungheria di Viktor Orban non vengono rispettati i diritti elementari dei migranti e c’è «il rischio fondato che lo straniero richiedente asilo venga sottoposto a trattamenti inumani e degradanti». Con queste motivazioni il Consiglio di Stato italiano ha accolto il ricorso di un richiedente asilo, bloccandone il trasferimento in Ungheria: nella sentenza numero 4004/2016, il più alto giudice amministrativo italiano scrive che in Ungheria il migrante avrebbe «potuto subire trattamenti in contrasto con i principi umanitari e con l’art. 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea».
È la prima volta che un tribunale italiano, allineandosi a altre sentenze emesse in Austria e Olanda, afferma che l’Ungheria non è un Paese sicuro per i rifugiati. In modo altrettanto allarmato si era espresso già l’Unhcr affermando che le leggi ungheresi sui migranti sono in contrasto con «i principi morali e i minimi standard»; mentre Amnesty International ha documentato «l’orribile trattamento e le violenze» subite dai profughi in Ungheria.
Il ricorso al Consiglio di Stato era stato presentato contro il provvedimento con il quale la Direzione centrale dei servizi civili per l’immigrazione e l’asilo aveva stabilito, in base agli accordi europei, il trasferimento di un migrante che aveva avanzato istanza di asilo prima in Ungheria e poi in Italia.
La totale chiusura ai migranti ha provocato una profonda spaccatura tra l’Ungheria di Orban (affiancata dalla Polonia) e l’Unione europea. Budapest ha sempre rifiutato ogni decisione di Bruxelles sulle quote per redistribuire i migranti tra gli Stati europei. Per bloccare il flusso dei migranti che risalivano i Balcani per entrare nella Ue, l’Ungheria un anno fa ha costruito una barriera di filo spinato alta quasi quattro metri e lunga 180 chilometri lungo il confine con la Serbia. E il referendum sulle quote europee che si terrà domani è stato voluto da Orban per sfidare Bruxelles e rafforzare la sua leadership di fronte all’Europa e dentro al Paese.
Il Consiglio di Stato ha considerato le norme sui migranti e l’asilo che il Parlamento magiaro ha approvato nel luglio del 2015 e che già hanno costretto la Commissione europea a inviare al Governo di Budapest una lettera di costituzione in mora, avviando un procedimento di infrazione. In Ungheria - si legge nella sentenza - «è prevista l’espulsione degli immigrati con una procedura accelerata e le nuove norme, duramente criticate dall’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, limitano la concessione del diritto d’asilo, permettendo alle autorità di cancellare le richieste d’asilo se i richiedenti lasceranno la loro residenza designata in Ungheria per più di 48 ore senza autorizzazione». In Ungheria è, inoltre, stato prolungato il periodo di detenzione dei richiedenti asilo, «che già rappresenta una prassi regolare in quel Paese, nonché la possibilità di obbligarli a lavori di pubblica utilità per coprire le spese di mantenimento». La detenzione - sottolinea il Consiglio di Stato - «riguarda i richiedenti asilo senza distinzione per sesso, età e condizioni fisiche, anche donne in gravidanza e minori non accompagnati, come conferma la visita dei delegati di Human Rights Watch in cinque strutture dedicate alla detenzione, riportata nelle notizie dei media».
Due giorni fa Nils Muiznieks, commissario dei Diritti umani del Consiglio d’Europa, ha ricordato le espulsioni sommarie dei profughi e l’intervento delle forze di polizia contro i migranti arrivando a definire quella ungherese come una «xenofobia istituzionalizzata».
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